TRAMA
Non facile diventare membri della ricchissima famiglia Le Domas. La neo sposa Grace si ritrova infatti coinvolta, la prima notte di nozze, in un vero e proprio gioco al massacro. Per evitare un’antica maledizione i parenti serpenti la vogliono morta e lei farà di tutto per evitarlo.
RECENSIONI
Non è semplice sospendere l’incredulità davanti a un soggetto così bislacco, in cui una giovane sposa finisce per essere braccata la prima notte di nozze dalla nuova blasonata famiglia in cui si è incautamente inserita sposandone l’aitante rampollo. In palio c’è per tutti la sopravvivenza: la morte di lei garantirà il rispetto di un’antica tradizione in grado di allontanare le sventure e salvare la vita ai familiari. Accettate a fatica le regole del gioco, perché in fondo di gioco, al massacro, si tratta, messe a tacere le tante vocine che moltiplicano gli interrogativi senza risposta (tipo, “come giustificare a occhi esterni tutto ciò?”, oppure, “perché non restare eterni fidanzati?”), ci si inserisce in un ritmato ma prevedibile tutti contro tutti dove a essere dissacrata è l’istituzione familiare e irrisa l’alta borghesia. Si riesce a giocare insieme ai personaggi? Solo parzialmente, perché l’approccio adottato dai due registi, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (già complici in V/H/S e La stirpe del male), abbandona presto ogni ipotesi di verosimiglianza e punta sul grottesco, cercando un connubio tra horror e commedia, con un registro in cui i toni alti sovrastano però tutti gli altri. La sinistra casata diventa quindi una sorta di Famiglia Addams dove dominano lo sguardo truce, le battutine caustiche, il cinismo diffuso e le caratterizzazioni esagitate. L’unica che potrebbe variare questa omogeneità di trattamento e abbracciare il nostro punto di vista di spettatori, catapultati come lei in una vicenda assurda, è la protagonista. All’inizio il suo sbigottimento funziona, ma ben presto si uniforma all’effervescenza generale. A svolgersi è quindi una caccia all’uomo dove i cadaveri si susseguono senza lasciare particolari strascichi emotivi, come inevitabili effetti collaterali, e gli attacchi alla protagonista falliscono sempre all’ultimo nonostante premesse, ingannevoli, di assenza di vie d’uscita. Un intrattenimento solo sulla carta scoppiettante e divertente che mostra presto la corda e non riesce nemmeno a farsi critica sociale e di costume: tutto troppo esageratamente manifesto e sopra le righe per indurre alla riflessione. Nel cast si ritrova volentieri Andie MacDowell, nonostante gli evidenti limiti del ruolo, mentre la protagonista Samara Weaving assomiglia troppo a Margot Robbie per mostrare vera personalità.