TRAMA
Il regista di Dov’è la Casa Del Mio Amico e suo figlio si mettono in viaggio su di una vecchia Renault 5, diretti verso la zona del Guilan, distrutta dal terremoto, per ritrovare il giovane protagonista della pellicola.
RECENSIONI
Semplice ai limiti del banale, eppure intenso, palpitante, affettuoso grido di disperazione che si tramuta in canto di speranza. Come in Close Up, Kiarostami ri-filma la vita vera, un viaggio nella disastrata terra contadina del Guilan compiuto insieme al figlio, preoccupato per la sorte del protagonista di Dov’è la Casa Del Mio Amico. Un cinema non concepito come industria ma quale forgiatore di legami fra regista e attori, in cui l’inchiesta documentaristica è trattata con tale amore da diventare finzione, ovvero ricostruzione emozionata e non clinica di un’esperienza di vita. Uno stile etico in cui il percorso è più importante della meta, la determinazione più dell’ottenimento: la chiusura non è il ritrovamento del ragazzo ma un piano sequenza a campo lungo sull’automobile che s’arrampica a fatica sulla collina. Durante il tragitto, l’ottimo Farhad Kheradmand (alter ego di Kiarostami che non sapeva guidare) fa un insieme d’incontri che restituiscono preziosi racconti da terremoto, rinvenendo volontà di vivere e poca rassegnazione (il matrimonio celebrato l’indomani del terremoto, la caparbietà nell’installare un’antenna per seguire la finale Germania-Brasile). Il film è quasi tutto composto di soggettive dall’abitacolo, carrelli sul paesaggio e le persone che sono sguardi parziali dell’occhio-cinema, come rammenta il vecchio con la bombola, scontento di essere stato invecchiato dal trucco in Dov’è la Casa Del Mio Amico. Il resto lo fanno gli amati campi lunghi (splendido, oltre a quello finale, quello sulle enormi fenditure che bloccano la strada lungo la parete della collina), le soste conoscitive che esaltano il valore della solidarietà, gli sguardi sulla natura a suon di Vivaldi, in assenza di sottolineature (la differente fascia economica suggerita dagli oggetti messi in palio dai due ragazzini) e con lezione sull’accettazione della vita nei tempi del suo accadere, come in quella scena che è insieme edificante e di suspense, quando pare che Kheradmand sia scortese e abbandoni l’uomo che gli ha chiesto un passaggio, invece sta solo prendendo la rincorsa.
