Biografico, Recensione

DRAGON – LA STORIA DI BRUCE LEE

Titolo OriginaleDragon: the Bruce Lee story
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1993
Durata121'

TRAMA

Costretto a fuggire da Hong Kong negli Stati Uniti dopo una rissa con degli americani, Bruce Lee comincia ad insegnare le arti marziali ad alcuni giovani studenti.

RECENSIONI

Carismatico, unico, adrenalinico, Bruce Lee (1943-1973), grazie anche alla prematura morte, è un cristallino mito della cultura di massa del XX secolo, alla pari di James Dean e Marilyn Monroe. Il produttore (per John Badham, Wes Craven) Rob Cohen, occasionalmente dietro la macchina da presa dal 1980, trae questa biografia agiografica ed epica dalle memorie di sua moglie, Linda Caldwell, confezionando un prodotto dignitoso dal punto di vista formale (con qualche tocco di classe: vedi il “colpo” con la gamba che, in realtà, si rivela un ballo scatenato) ma di maniera, scarno e schematico nella sceneggiatura e nei profili psicologici che si limitano ad esporre banalmente la solita parabola di ascesa con, all’orizzonte, la bandiera del Sogno Americano (giusto “sporcata” da razzismo e ingiustizie varie, ma alla fine sempre linda), dimenticando di approfittare degli spunti meno qualunquistici e più ricchi di sfumature di un racconto di vita (se) vero e non di finzione. Cohen pare più interessato a creare occasioni per sfornare spacconi che l’eroe possa sbaragliare con le arti marziali (Jason Scott Lee non lo eguaglia ma si impegna a replicarne gridolini, smorfie e repertorio inconfondibile), ovvero la spettacolare disciplina (il jeet kune do) che l’attore inventò, contestando, da figlio dei seventies, i padri-maestri. Nella seconda parte è meglio sviluppata una traccia fantastica insolita e turbante, dove presagi di morte e incantesimi malefici confondono abilmente realtà e finzione: voluto o meno che sia, il Bruce Lee fuori dal set è identico ai personaggi che interpreta e ha sempre temuto un demone misterioso, trasmesso di padre in figlio nella sua famiglia. Strane, temibili coincidenze: nel racconto filmico, il protagonista sconfigge il demone per salvare il primogenito Brandon, nella realtà quest’ultimo, alla stessa età del padre, morirà fatalmente sul set de Il Corvo. Colazione da Tiffany e il serial Kung Fu sono presi ad esempio del razzismo statunitense: nel primo il cinese è interpretato da Mickey Rooney, nel secondo da David Carradine (scelto al posto di Bruce Lee).