
TRAMA
1988. Donnie Darko è un ragazzo americano di famiglia agiata. Un giorno un coniglio gigantesco, che soltanto Donnie riesce a vedere, gli salva la vita attirandolo fuori di casa poco prima dell’impatto di un motore di aereo con la sua abitazione.
RECENSIONI
Ricercatissimo (bisognava dare uno sguardo all'estero per trovarlo), quasi unanimemente amato (di quegli amori che diventano piccole venerazioni private), Donnie Darko esce finalmente, con ritardo imperdonabile, nelle sale italiane. Distribuito fin da subito un po' in tutto il mondo, il film americano (del quale riferimmo in occasione della sua proiezione al Torino Film Festival 2001) è divenuto, ne fummo facili profeti, un vero e proprio oggetto di culto.
Richard Kelly ha solo 26 anni quando Donnie Darko viene proiettato nelle sale statunitensi, ma in quest'opera dimostra una maturità di scrittura e di sguardo che lascia ammirati. Il suo è stato un film sudato, trovare i soldi per produrlo non è stato facile, ma l'intervento di Drew Barrymore (tra le interpreti) ha fatto aprire le porte giuste e ha consentito di aggiungere alla squadra altri attori di nome (Patrick Swayze, Mary Mc Donnell). Il film mescola generi (il teen drama, il mistery, la commedia) senza pesantezze teoriche, anzi: lo spaccato della provincia americana che lascia emergere è sorprendentemente preciso, la descrizione dell'adolescenza consapevole e sensibile del suo protagonista ha toni delicati, a volte amari. L'anima nera (...dark) di Donnie si riflette all'improvviso come parte di un sistema sovraordinato nel quale il giovane si accorge di muoversi e di cui si sforza di comprendere le regole: è proprio questo elemento irreale, via via più inquietante, a fare la differenza con le tante produzioni giovanilistiche cui siamo abituati il regista usa con finezza citazioni e filoni per arrivare a operare in un ibrido nel quale si districa con maturità e lucidità impressionanti: realtà parallele si incrociano per un attimo e si distanziano di nuovo, fanno capolino dimensioni temporali alternative, possibilità (anche narratologiche) si propongono senza svelarsi come tali se non nell'enigmatico finale. La chiave dell'intricata faccenda può essere nel fantomatico volume di Grandma Death ma anche nella schizofrenia del giovane, istigata dalla mal tollerata insensatezza di un mondo adulto, crudele e incomprensibile, fatto di apparenze e convenzioni: l'autore si guarda bene dal fornire allo spettatore chiavi di lettura privilegiate mentre la rivelazione sul significato del fantomatico coniglio ci colpisce all'improvviso e fa decisamente centro. Quando alcuni nodi vengono al pettine (altri, sottilissimi, passano attraverso i suoi denti e si perdono per sempre) si ha la sensazione di essere di fronte a un film coraggioso e originale, che mischiando le sue carte con grande disinvoltura, non cerca di lanciarti addosso la sua particolarità lasciandoti attonito: un dolce, lacerato smarrimento, questo di Donnie Darko, che finalmente si offre anche alla platea italiana.
Nota al director's cut
Sarò diffidente in eccesso ma la mia teoria a proposito del director's cut di Donnie Darko è la seguente: stante il tardivo successo americano della pellicola, che, uscita nelle sale, era praticamente passata sotto silenzio e che è poi diventata oggetto di culto nella versione in dvd, Kelly, o chi per lui, ha colto la palla al balzo per riproporla nei cinema e, per giustificare una tale scelta e renderla appetibile, ne ha editato una versione più lunga inserendo quelli che, in tutta evidenza, appaiono dei sacrosanti scarti (del resto già disponibili nella versione in dvd). Il regista cerca in tutti i modi di venderci la novità come una chicca (si legga in proposito il press book) ma l'impressione di una sorta di innocente fregatura non ci lascia. L'opera rimane praticamente la stessa ma il susseguirsi delle vicende viene cadenzato dalla lettura del fantomatico libro di Grandma Death La Filosofia dei Viaggi nel Tempo (l'elenco degli altri inserti lo trovate qui): tale lettura, oltre a far luce eccessiva sugli eventi, rendendone l'interpretazione praticamente univoca (e questo fa perdere al film non poco fascino), quel che è peggio, risulta essere un mucchietto di sciocchezzuole da libro fantasy di serie C e con un tono biblico a dir poco risibile. Donnie Darko rimane per fortuna opera stratificata e trasversale al di là del mero dato narrativo, tanto da sopportare bene anche questo evitabile oltraggio commerciale.

Salvato da morte certa, Donnie, ha sentito una voce roca e sussurrante, la stessa che lo sveglierà ancora e lo farà agire. Pare un'allucinazione, uno sfasamento prenevrotico ma in realtà c'è molto più in questo delirio adolescenziale: il tempo si sta avvitando su sé stesso. Un muro di trasparente gelatina separa dimensioni dello spazio-tempo, gommosi vettori vermiformi tracciano le traiettorie di movimento degli esseri umani, scritti parascientifici di vecchie pazze avvertono della vera fine dell'universo. Un morbido dolly inserisce in un mondo americano fino al sarcasmo ma in cui, invece di innestare l'usuale satira dei comportamenti (presente e deliziosa col padre di Donnie che guardando la tv sbotta «Diglielo tu, George!» parlando con Bush sr.) stringe un giro di vite dei più inattesi: l'inspiegabile, il soprannaturale. Con più d'un debito rispetto a Lynch Kelly sprofonda una struttura nota e vieta (college movie, satira famigliare, etc) in un improvviso vortice di spalancamento, Donnie (Jake Gyllenhaal, perfetto) diventa uomo nel modo più delirante possibile, tuffandosi in una trama che ha qualcosa della vite senza fine d'Archimede: trova l'amore e la coscienza di sé fino all'annullamento che si verifica, colpo preziosissimo nella tessitura, nella ratificazione dell'impossibile che si è mostrato. Accettare il mondo come lo si coglie come primo passo (ultimo) all'adulthood.
Il regista, esordiente, maneggia i virtuosismi temporali ed i paradossi con l'unica arma possibile, una studiata non-curanza che permette la sospensione dell'incredulità a favore di un gioioso e - soprattutto - continuo godimento di rara intelligenza.
