Commedia, Recensione

DOC HOLLYWOOD

Titolo OriginaleDoc Hollywood
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1991
Genere
Durata103’

TRAMA

Ben, giovane dottore arrivista, si trasferisce in California per un posto di chirurgo estetico: durante il viaggio ha un incidente d’auto ed è condannato da un giudice a prestare servizio in un piccolo paese di provincia.

RECENSIONI

Ogni tanto, Hollywood torna indietro a ripescare lo spirito di quelle commedie che hanno fatto la sua fortuna nell’Età dell’Oro: pulite, per famiglie, centrate sui sentimenti, fortemente morali(stiche), tanto schematiche quanto rimpiante. Uno spirito che aleggia anche in produzioni più (post)moderne ma con forme più raffinate (nascoste) e integrate con, nel frattempo, l’avvenuto “progresso” mentale (individuale) e sociale (di costume). Questa prima opera hollywoodiana dell’inglese Michael Caton-Jones (che ha un cameo nel finale), purtroppo, non solo sfrutta una struttura drammaturgica consolidata, ma la restituisce come prodotto scaduto: tremendi stereotipi, tema dell’Amore contro la Carriera, mito del paesotto di provincia-giulivo (in realtà, per soggettiva del protagonista, connotato con modi snob da cittadino) contro la metropoli alienante, finti problemi per finte soluzioni (e svolgimento), conclusione che sta già nei primi quindici minuti, per quanto “complichi” lo scontato happy end. Contorno di personaggi amabili, miele e situazioni sentimentali già in svendita da decenni all’ingrosso. Un impianto vecchio stile (anche) fuori luogo, non deprecabile in sé, cioè per i suoi ingredienti, ma per la mano del cuoco, stucchevolmente risaputa e svogliata. Un’opera siffatta sarebbe stata banale anche negli anni quaranta: Caton-Jones non è Frank Capra, la produzione è smaccatamente commerciale, la (r)esistenza del pubblico che lo potrebbe apprezzare incredibile (passi il buonismo, non l’antiquariato scadente). Michael J. Fox era intrappolato negli stessi ruoli, fino a sembrare monocorde: o il tipo esagitato o lo yuppie. Julie Warner, insieme alla fotografia colorata di M. Chapman, è l’unico elemento di interesse: strepitoso il suo entr’acte ignudo, simpatica la sua mania di fare pipì nei campi, perfetta per lei la parte della ragazza di cui è impossibile non innamorarsi. Qualche gag discreta.