
TRAMA
Charlotte giunge a Parigi dalla provincia per degli esami clinici: le viene diagnosticato un tumore. Paul, il suo ragazzo, la assiste. L’incontro con Ninon, una cugina che la ragazza non vede da anni, rompe i già fragili equilibri della coppia.
RECENSIONI
Dopo SON FRERE di Chereau ecco un altro film francese che torna sul tema della malattia scegliendo di raccontarlo con realismo e senza pietismi, esaminandone, anche con asprezza, ogni implicazione: il tumore di Charlotte, la devozione del suo ragazzo, l'intervento di una cugina, terza incomoda che attrae e confonde gli animi, creano un impasto di sentimenti e pene sfaccettato e problematico. Al suo primo lungometraggio (un suo corto era stato premiato a Cannes) il regista usa il digitale per dare un taglio diretto e sporco, quasi dogmatico, ad immagini dai cromatismi tarati, inserisce pochissima musica extradiegetica (quattro brevissimi frammenti, il primo dopo più di mezz'ora) e tenta da un lato il racconto dell'incedere della malattia, l'attacco a un corpo che perde la sua bellezza e vede sfuggire intorno a sé ogni certezza, dall'altro il disorientamento di chi assiste a tale disfacimento - Paul, amorevole ma presto preda di dubbi, sfinito e tentato di abbandonare - e si perde nella bellezza procace e perturbante di una nuova presenza femminile, spinto dalla compagna (la consapevolezza di una morte prossima?), salvo l'improvviso virare di rotta di Charlotte (la vita che non si arrende?) e la sua rivendicazione di attenzioni primarie, del suo diritto ad amare ed essere amata in esclusiva: l'incontro sessuale a tre non definisce nulla, mescola le carte e fa ripartire la partita amorosa dalle stesse posizioni iniziali. L'autore, grazie a una discreta attenzione per i dettagli, sa conferire a tratti incisività e verità a questa storia fatta di passioni irruenti, solidarietà e sentimenti dolcissimi, crudeltà mentale e violenza fisica iniettate dal tormento che tutto azzera. Non tutto convince, qualche abbozzo e più di un passaggio tirato via ci sono, alcuni momenti mancano di approfondimento e in altri si calcano malamente i toni ma il film, pur con qualche ingenuità e indecisione stilistica, pone in luce la capacità del regista di mettere in gioco, narrativamente e figurativamente, i corpi e le anime: un approccio vicino a quello di Chereau anche se, a differenza di quest'ultimo, Giannoli nello strutturare il narrato appare meno tentato da frammentazioni e ghirigori cercando la strada più concreta di un'esposizione tramica lineare e impetuosa.
