Recensione, Spionaggio

CASINO ROYALE

Titolo OriginaleCasino Royale
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2006
Durata144'
Tratto dadal romanzo di Ian Fleming
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Avuta la licenza di uccidere, James Bond è sulle tracce di un’organizzazione che finanzia atti terroristici per speculazioni finanziarie. Nel Montenegro affronta uno di loro a poker, con l’aiuto di una donna di cui s’innamora.

RECENSIONI

007 cambia look e riparte da zero, con il primo romanzo di Ian Fleming, già tradotto in immagini in un episodio della serie Tv “Climax!” e nell’omonimo, farsesco film con Woody Allen del 1967: “Lo smoking ce l’ho già” dice Bond alla complice. “Questo è fatto su misura”, risponde lei. In effetti, siamo di fronte ad un Bond non-Bond, ad una rilettura (più fedele ai segni dello scrittore) che promette stravolgimenti, ma non ha il coraggio di cambiare abito del tutto, che abbandona elementi fondamentali della saga (i gadget, i villain fumettistici, il superomismo, l’eleganza e l’autoironia di Bond: mica poco…) ma non abbraccia con forza quelli nuovi (il realismo cozza con il troppismo di scene d’azione “impossibili”). Piace pensare che la “noiosa” parte iniziale all-action, senza racconto e personaggi, sia voluta, specchio del killer di ghiaccio “rock” (la canzone di turno, non a caso, è di Chris Cornell), e non un dazio blockbusteristico. La seconda parte, allora, commedia e dramma sentimentale (ma era migliore La Spia che mi Amava), riflette il cuore che si scioglie, con l’ambiguità (bella) di un uomo che non salva l’amata dalla tortura ma poi abbandona tutto per lei. A contorno, le solite ma insolite (Bond muore e…) partite a poker, il gioco di seduzione (le schermaglie verbali fra Green/Craig sono la cosa migliore del film) ma con Bond che gioca alla pari, la stessa trama ma senza hi-tech e con nemici possibili (pure invischiati nell’11 Settembre), i medesimi autori ma con l’aggiunta del prezzemolo Paul Haggis alla sceneggiatura, la ri-conversione dell’eclettico Martin Campbell, che parte stilizzatissimo (il brutale bianco-e-nero della licenza di uccidere), filma la morte e non mere uscite di scena glamour, la rabbia e i soffi al cuore (quando sta per investire l’amata…), lo shock (lui e lei vestiti sotto la doccia) e il coraggio nel sadismo (la resistenza alla tortura con lo scherno): ma poi deve pur dare corpo a James Bond e non a Jason Bourne, fare un promo dei viaggi AlpiTour e cercare la scena “cool” a tutti costi (il palazzo che crolla a Venezia). Le promesse mancate feriscono di più della paventata routine, ne sa qualcosa la spia che giura cinismo: “La puttana è morta e io sono Bond, James Bond”.