Commedia, Recensione

CAMBIO D’INDIRIZZO

Titolo OriginaleChangement d'adresse
NazioneFrancia
Anno Produzione2006
Genere
Durata85'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

David, un musicista timido e impacciato, divide l’appartamento con Anne e si innamora della sua allieva Julia.

RECENSIONI

Che l’innamorato sia la persona più sola sulla faccia della terra è un concetto banale solo perché tremendamente vero e su questo tema declina il leggero teorema di Mouret che mette a confronto un uomo e una donna in cerca dell’anima gemella, dirigendoli a dividersi prematuramente il letto: ciò li indurrà a cercare in altri campi quello che di fatto hanno già trovato e che sono ancora troppo ciechi per vedere. La ricerca sentimentale avviene in un mondo popolato da pochi, bizzarri personaggi, secondo quello schema demenziale che tanta commedia francese sembra prediligere da sempre e, se alcuni passaggi risultano fin troppo facili e il doppio senso insistito del corno (inteso come strumento musicale) pare francamente fuori registro, l’incrocio delle relazioni in cui realtà e virtualità, amicali e amorose, si confondono di continuo, è piuttosto sottile e giocato con sufficiente intelligenza. La felicità ci vive accanto e se l’onestà fa venire meno un legame è solo perché ti sta servendo su un piatto d’argento una soluzione inizialmente scartata perché troppo evidente: le fatalità morali (le fatali moralità?) rohmeriane Mouret dimostra di conoscerle bene e di condividerle. I dilemmi sentimentali non esistono se non nella mente di chi li vive, dall’esterno è tutto molto chiaro: in amore le cose si sentono, è il cercare di capirle l’errore. L’altro riferimento chiave è senz’altro Truffaut (il protagonista-regista ha il ciuffo di Doinel-Léaud, e lo dico tra parentesi: è un vezzo) e in effetti il film ricorda François senza averne l’afflato (direbbe Woody Allen) l’autore, mettendo su il suo piccolo teatro intimo con programmata essenzialità (ancora l’ombra di Rohmer), puntando su una scrittura minimale, la ricercata rappresentazione del quotidiano e su un ritratto puntuale dei personaggi, tutti ben delineati; gli va riconosciuto l’indubbio merito di misurare bene il passo e di non sbracare (quasi) mai.