
TRAMA
La Foresta Amazzonica attraverso gli occhi di una scimmia cappuccina.
RECENSIONI
Thierry Ragobert è uno dei documentaristi più famosi del mondo. Ha lavorato con Jacques Yves Cousteau come capo montatore e produttore per diverse serie realizzate per la Tbs e dal 1996 ha cominciato a dirigere documentari premiati un po dappertutto. Con Amazonia ci introduce nella foresta pluviale più estesa del pianeta, consentendoci di vederla attraverso gli occhi di una scimmia cappuccina nata e cresciuta in cattività che, a causa di un incidente aereo, si ritrova ad affrontare un ambiente sconosciuto e irto di pericoli. Lo stratagemma narrativo permette una progressione che facilita lempatia con un universo complesso e dal fragile equilibrio, dove o sei preda oppure cacciatore. Un po come nel cartoon Madagascar, ma senza computer grafica (pare neanche aggiunta in post-produzione) e in versione live.
La realtà viene mostrata a misura di pubblico della domenica pomeriggio, con una sceneggiatura che inanella in successione tutti i possibili pericoli della giungla, dagli animali feroci (coccodrilli, giaguari, serpenti, uccelli), alle piante più temibili (le spine che proteggono frutti succosi, i funghi velenosi), alla Natura rigogliosa e ostile (le piogge spesso incessanti), per approdare a una tesi familista (il punto di arrivo è trovare un nuovo nucleo in grado di accoglierti), con il contorno di un ammaestramento ecologista (luomo sta distruggendo questo polmone verde con parecchi rischi per lintero ecosistema) inevitabilmente condivisibile.
Tutto molto lineare, chiaro e istruttivo, con un impianto visivo stupefacente, dalle panoramiche mozzafiato, attento a mantenere ritmato il racconto (non cè inquadratura senza che qualcosa invada il campo visivo) e a valorizzare ogni più piccolo dettaglio a favore della spettacolarità. In tal senso il 3D esalta la profondità di campo e immerge completamente lo spettatore nelle immagini, ma alla lunga, come spesso accade, si finisce per dimenticarsene. Al di là dei risvolti prevedibili della storia edificante e dei fini didattici, per cui 83 minuti rischiano di essere decisamente troppi, una domanda resta priva di risposta: che fine ha fatto il pilota che si salva dopo lo schianto aereo che apre il film? Ma è inutile sperare in una breccia al perturbante.
