Horror

SUCK

Titolo OriginaleSuck
NazioneCanada
Anno Produzione2010
Genere
Durata90'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Un gruppo rock di sfigati trova il successo grazie alla trasformazione in vampiri dei componenti della band. Non tutto sarà come immaginavano

RECENSIONI


“Vi faremo ridere”. Questa la promessa degli organizzatori alla vigilia del Torino Film Festival. In effetti è proprio nella forbice tra il divertissement intelligente e il film impegnato che non rinuncia a far ridere che si compie la cifra più originale di questa edizione del festival. Si va dalle opere più spensierate (Suck, Kaboom, Vampires, Super) a quelle in cui l’ironia costituisce solo il controcanto della tragedia (Four Lions, Neds, The Infidel, El Sol), sempre con la costante stella polare della comicità, perché rinunciare a priori ad un repertori di tal portata sarebbe una irrimediabile colpa del cinema.
Suck, senza alcuna ambizione da “cinema morale”, si presenta subito come un film molto intelligente, pienamente consapevole delle potenzialità del proprio materiale narrativo e dei canoni del demenziale, disposto ad usare il proprio genere di appartenenza in modo adulto. Battendo la strada del film vampiresco-demenziale, molto efficace in un periodo come questo in cui vampiri, zombie, mummie sono dappertutto in qualsiasi prodotto culturale, il regista colloca immediatamente il film in un universo intertestuale e intermediale ricco e ramificato in cui le citazioni sono parte integrante dell’opera: per spostarsi da un luogo all’altro compare la cartina geografica alla Indiana Jones, ma con la traiettoria fatta di sangue; il gruppo di vampiri rockettari prima di un concerto importante attraversano sulle strisce pedonali ricreando la copertina di Abbey Road dei Beatles; un’altra copertina celebre citata è quella di Beggars Banquet dei Rolling Stones, costruita dal nulla su un bagno pubblico con tanto di scritte e citazioni; in seguito si ascolta anche la traccia più famosa dell’album, ovvero Sympathy for the Devil, in stretto dialogo con le peculiarità demoniache del film.
Non è un gusto per la citazione sterile, bensì la capacità di inserire un preciso immaginario, attraverso tale citazione, in un film che dietro la sua estrema e dichiarata leggerezza nasconde la sua maturità, ovvero la capacità di frullare i codici dell’horror insieme alla cultura di massa e sputarli in ordine solo apparentemente sparso. Dal gioco con gli stereotipi di genere all’uso di musiche appositamente antifrastiche, dalla retorica della trasformazione a quella del cacciatore di vampiri che, grazie all’interpretazione di Malcom McDowell, rimane un personaggio pieno di sovrascritture.