TRAMA
Seconda Guerra Mondiale, isole del Pacifico: un commando australiano sbarca per recuperare l’equipaggio di un aereo precipitato. Incontra partigiani locali e giapponesi.
RECENSIONI
Gli Z-men sono guerrieri spietati di una forza speciale, a volte con taglie astronomiche sulla testa. Tutto il resto della vicenda non è ben chiaro: il soggetto, ispirato ad eventi realmente accaduti (l’operazione Opossum), per creare suspense mantiene un gran riserbo sullo scopo della missione e la versione italiana aumenta l’incomprensibilità, poco curata ed accorta, figlia del ripescaggio del film previa notorietà acquisita, nel frattempo, da Mel Gibson (e Sam Neill). Ci sono anche lunghi dialoghi in cinese e giapponese non tradotti o sottotitolati. Per fortuna, siamo di fronte ad un piccolo film bellico tutto tensione e cruenta azione, che l’ex-documentarista Tim Burstall (che ha rimpiazzato Phillip Noyce) governa dimostrando di conoscere bene il linguaggio cinematografico: suo merito, anche, non aver sottolineato con enfasi epica le gesta di eroismo e sacrificio dei protagonisti, rinvenendo chiaroscuri in entrambe le fazioni in campo, fra crudeltà e gentilezza (emblematica, in questo senso, la figura del comandante giapponese, gentiluomo anche se tortura la bella taiwanese). Un approccio che costituisce anche l’unica nota “moderna” in un film che, a parte la maggiore violenza, è molto simile a quelli realizzati negli anni cinquanta/sessanta dagli americani sulla Seconda Guerra Mondiale ed ambientati nel Pacifico, con la stessa elegia del coraggio dei partigiani locali. Essendo una co-produzione fra Australia e Taiwan (dove si gira, con fotografia di Hung-Chung Lin), però, non mancano parentesi più “liriche”, tipiche del cinema orientale: l’uomo che parla agli spiriti dei morti, la storia sentimentale e l’immancabile (ma abbastanza inedito in un film bellico) combattimento d’arti marziali. Poco originale, riflessivo o attento alle psicologie ma, per lo meno, non distorce l’abominio della guerra a fini spettacolari.
