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V|M_06/13 | Megaforce, Blaisbois, Nilsson, Alice et Virgile, Dolan, Sigismondi, LaBeouf, Makela, Kefali

Il collettivo parigino, dopo l’exploit di Sacrilege, continua a dar voce ai suoi impulsi migliori e gira per gli Is Tropical (il precedente era questo, cui si riconnette abbastanza esplicitamente – i Megaforce confermano trattarsi di un dittico -) un video scorretto e, ancora una volta, del tutto indifferente alle logiche di programmazione dei canali dedicati. In Dancing Anymore la fantasia erotica di un ragazzo – incaricato di ripulire una piscina e lasciato solo in una villa principesca – viene tradotta senza mezzi termini visivi.
Videofrancia indomita. Lui si chiama Cédric Blaisbois, ha girato già alcuni video per la Partizan (non solo musicali) e si è messo in evidenza con questo. Conferma occhio e nessun riguardo per i codici di visibilità con un altro lavoro scatenato, rigorosamente NSFW (e con tanto di Parental Advisory): tre ragazzi in un appartamento parigino non pongono limiti alla loro voglia di trasgressione. Sono distruttivi e autodistruttivi: c’è eccesso, violenza, tensione erotica, forse disagio. Ma continua, nonostante il sangue e la morte, immoralmente, ad esserci gioco, fino al rogo finale, che non ha nulla di catartico.
Together we play dei Raveyards è video scioccante e vitale, girato con una camera empaticamente sfrenata e un montaggio incalzante. Fuori dagli schemi. E dal Tubo. Un altro videomaker francese che dimostra di avere le idee chiare e che terremo d’occhio.
Voto: 8
L’arte di Andreas Nilsson è meravigliosamente inclassificabile, lucido pazzo – sgradevole spesso – che compone lavori caotici e surreali che si muovono secondo logiche tanto inafferrabili quanto riconoscibili: in Play Hard  di David Guetta propone una bizzaria mex (un quasi rodeo condito da improponibili calzature) abitata dalla consueta umanità alternativa e ultracaratterizzata.
Il regista orchestra il suo mondo strampalato (trasportandolo nel paesaggio americano) con padronanza oramai magistrale e firma uno dei lavori più devianti e originali che il mainstream abbia offerto quest’anno. Lo amiamo.
Voto: 8.5
Tornano Alice Moitié e Virgile Texier per un altro video dei LOGO (dopo Fabrice) e ripresentano il loro felice mix di immagini che sembrano viaggiare in libertà ma che, in maniera più evidente rispetto al precedente, disegnano gradualmente una narrazione. L’inizio di Cardiocleptomania, giocato su colori, forme e felici reiterazioni di temi (i luoghi, gli esercizi ginnici, la pompa della bici, la pista e il pedalare), con veloci pennellate in ralenti, sembra muoversi sull’abile combinazione tra immagini e suoni, senza urgenze di racconto; in realtà ci troviamo di fronte a una premessa che disegna l’ambiente e i personaggi: la seconda parte segna una svolta con l’atmosfera cameratesca che conduce all’approccio di uno dei ciclisti verso il suo compagno di squadra. Il bacio, inizialmente accettato, viene improvvisamente respinto. Poi l’esplosione di violenza legata alla coscienza di un desiderio omosessuale represso e dunque rifiutato con forza, resa attraverso un registro allucinatorio che coniuga erotismo e ferocia. L’immagine finale è felicissimo suggello.
Forse non perfettamente calibrato nel passaggio dalle contemplazioni astratte alle concretezze narrative, il video comunque testimonia la definita personalità dei registi e una prassi già definita, incredibilmente matura.
Voto: 7
Esordisce nel videoclip l’enfant terrible del cinema canadese (e non solo) Xavier Dolan. In College Boy degli Indochine la parabola persecutoria che coinvolge un giovane studente finisce con una crocefissione metaforica. Dolan non ha mezze misure e il suo discorso, per quanto simbolico, rimane evidente fino alla letteralità: la diversità è un pericolo per chi se ne fa portatore, gli altri si rifiutano di guardare (gli occhi velati) quella che è un’angheria quotidiana, inaccettabile eppure tollerata, persino appoggiata dalle istituzioni (i poliziotti che rivolgono le pistole elettriche all’indifeso crocifisso, il responsabile scolastico che si presenta come un rozzo sceriffo).
Mentre il bianco e nero rievoca certo cinema inglese (l’ambientazione collegiale è del resto una diretta emanazione del brano), con tutto il suo sottotesto di soffocante perbenismo (le scene familiari), omertà, repressione e ferocia, il video, dopo un prologo tutto giocato sul sonoro, innesca un’escalation tanto disturbante quanto magnificamente gestita, tra ralenti, sfocature, inquadrature a dettaglio, pregevole composizione dei quadri. Il merci finale è un enigma che agghiaccia.
Video subito contestato per la sua violenza (e inizialmente censurato) ha costretto Dolan a una replica su Huffington Post in cui ha fatto ironicamente notare che il dibattito sulla legittimazione della violenza sullo schermo arriva sul tavolo della discussione con almeno trentacinque anni di ritardo, concludendo con un sacrosanto (e wildeiano) “L’arte riflette lo spettatore e non la vita”. Come dargli torto?
Voto: 8
Floria Sigismondi, oramai lontana dalle sfrenatezze cupissime degli anni scorsi, svuota gli armadi e concentra in The Next Day una porzione sostanziosa del suo mondo, ma visto con un occhio più ironico e sornione, inscenandolo in un bar in cui si mischiano Peccato e Redenzione e in cui si esibisce Bowie, profeta flagellato. Il tempo passa, ma il Camaleonte non si piega alle odierne logiche video, imponendo quelle immutabili del mito, ingegnoso nel porsi ai margini della scena fino ad elevarsi a centro nevralgico del tableau vivant finale, consacrando ancora una volta la sua icona. Il Like a prayer (Mary Lambert dirigeva) dei nostri anni per il modo in cui gioca provocatoriamente con i simboli religiosi, piegandoli alle ragioni dello spettacolo.
Con Gary Oldman e Marion Cotillard: stars are never sleeping quando il Duca chiama.
Voto: 7
Debutto di tutto rispetto nella videomusica per l’attore Shia LaBeouf che dirige Haunted Love dei Future Unlimited, una clip di taglio cinematografico straordinariamente curata sotto ogni aspetto. Narrazione evidente (con tanto di recitato iniziale), scenografia sontuosa, spunti visivi decisamente particolari, esaltati dalla densa fotografia: assecondando le venature horror della storia, il regista non esita a inoltrarsi, dopo un prologo con avvelenamento, in un vortice di immagini disturbanti in flashback. Tra brutalità, violenza fisica e psicologica il video vira sulla danza arricchendo una già opulenta portata. La protagonista è Mia Goth, compagna dell’attore.
Trasfigurato dall’esaltante esperienza sul set con Lars Von Trier, LaBoeuf gli ha chiesto suggerimenti: il risultato è dunque un video in cui, a sentir lui, Barry Lyndon incontra David Lynch. I riferimenti devono essere sempre alti, bravo Shia.
Voto 6.5
Approfitto di 3 words di Cheryl Cole ft. will.i.am per parlare di Saam Farahmand, regista che più volte ho segnalato, ma di cui non ho avuto ancora modo di dire approfonditamente. Il video in questione (2009) mette bene in evidenza le sue caratteristiche: attenzione massima alle atmosfere e utilizzo evidente e funzionale della tecnica. E il risultato è al solito fascinoso: partendo da un unico ambiente e facendo uso dello split screen, Farahmand disorienta lo spettatore con prospettive strabiche che a sorpresa si ricongiungono in un unico fotogramma. Sembra solo un espediente, ma non è così: attraverso geometrici movimenti di macchina, il regista usa lo schermo scisso per esaltare la messa in scena della doppia performance e della stilizzata coreografia: i pochi elementi sono tutti sfruttati al meglio. Splendido.
Di Farahmand è uscito di recente questo corto ispirato dalla musica di Daughn Gibson (il protagonista).
Voto: 8
Non è il caso di esaltarsi troppo per questo Ain’t Nobody degli Atmosfere diretto da Carmela Makela, ché è tutto un recepire elementi immaginifici che sono nell’aria da tempo, reimpostandoli in una struttura vagamente narrativa. C’è dentro il taglio dei citati (in alto) Alice et Virgile (la palla da bowling è uscita para para da Fabrice) e ci sono dentro i Canada (e tutto il filone neosurrealista che ne è derivato). Insomma niente di nuovo in queste suggestioni che camminano sul limite che divide astrattezza e concretezza. Ma rimane un lavoro divertente e ben fatto, con le due creature immaginarie che seguono i due fattoni, materializzandone desideri e fantasie. Un giro lo facciamo volentieri.
Voto 6.5
– Nabil Elderkin per il James Blake di Overgrown: notturno con spiriti (molto Bergman), è uno di quei fascinosi Nabil immersi nella Natura, tutto giocato sulla bellezza delle immagini e sull’atmosfera (fotografia di Danny Hiele, con uso di filtro notturno in ripresa diurna). Il protagonista sul dirupo, i suoi fantasmi personali alle spalle [foto].

– Della serie “Gondry ha cambiato le cose e ha indicato la via”, un bel video del nuovo talento transalapino André Chocron (ha già messo a segno un paio di colpi: ne sentiremo parlare): My Recurring Dream dei Cold Mailman.

Rob Zombie. Magari vi interessa.

– Emily Kai Bock: la nostalgia per l’adolescenza, restituirne lo sguardo, abbandonarlo per una prospettiva di insieme che scruta tutto dall’alto. Sempre oscillante tra narrativa compiuta e impressionismo, la regista continua a dire la sua con Wings degli Haerts.

– Video contemplativo e a suo modo efficace: The Lonely Night di Moby feat. Mark Lanegan, regia di Colin Rich.

– Si danza: semplicità ed efficacia. Hey Love del duo danese Quadron è diretto da Daniel Kragh-Jacobsen.

– Al bowling con teste umane al posto delle bocce. Niente di meno, ma soprattutto niente di più: Sam Pilling ci ha dato cose migliori di questo Handshake dei Two Doors Cinema. Bowling? Boring.

– Omicidi a catena per il possesso di una misteriosa valigetta. Sulla pulsante base di Vitalic, Fade away mantiene nel sonoro il rumore degli spari, silenziati e non. Girato magnificamente e, nonostante il meccanismo invariato, coinvolgente da capo a pié. Diretto da Romain Chassaing. Vive la France.

– Allucinazione futuribile per Janelle Monáe che in Q.U.E.E.N. è un’installazione museale molto optical. Con Erykah Badu. Dirige Alan Ferguson.

– Chris Marss Piliero, poppissimo come al solito, vero emulo di Joseph Kahn di questi anni, timburtoneggia ma con un tratto thashariello tutto suo: Popular Song di Mika feat Ariana Grande.

– E a proposito di Kahn, imperdibile il suo corto musicale Hi Hey Hello per la Samsung (che solo per i registi che assolda meriterebbe di sbriciolare Apple). L’amato Joseph trova il tempo anche per un video totalmente retro (in ogni senso possibile) per Mariah Carey: #Beautiful feat. MIguel.
Ti amo così: svergognato.

– E aria dei tempi che furono si respira anche in Va Va Voom di Nicki Minaj: quello di Hype Williams è cosciente, acutissimo modernariato. Non si è maestri a caso.

– La computer graphic che agisce sul corpo e mostra l’anima: How’s That dei Twig per la regia di Jesse Kanda. Se ti vede Bjork…

– Spiritato, violento, adrenalinico, Yung Rapunxel di Azealia Banks, diretto da Jam Sutton, mescolando sfacciatamente Hype Williams, Gavras e Lemoine, con poche, scabre invenzioni e un registro visivo tanto basico quanto efficace, è già uno dei video performance dell’anno [foto].

– Anthony Mandler (oggi il regista più richiesto dal mainstream) e il suo registro visivo fatto di ricercatezze figurative e colori saturi adottano la performance di Selena Gomez di Come and Get It. Sono dichiaratamente tifoso.

– John Legend è il Grande Gatsby in Who Do You Think We Are di Paul Gore: soffici ralenti, grande impatto scenografico (la direzione creativa è di Yoann Lemoine – e si vede -) e una macchina da presa mobile e sensibilissima (direzione della fotografia di Benoit Debie). Laccatissimo, impeccabile.

– E a proposito di Gatsby il video della canzone di Lana Del Rey, Young and Beautiful, dallo score del film, è vellutata fantasia d’antan per la regia di Chris Sweeney (riprese di Sophie Muller).

– Docuvideo: a Chicago accade. Tornado Warning degli Hammock, dirige Ivan Villafuerte.

– Pianosequenza su artista che canta mentre cose avvengono intorno. Ben fatto, soprattutto gran pezzo questo Home di Austra, ma il video diretto dai That Go mi ricorda tanto (troppo) uno dei miei preferiti dei Novanta, Numb degli U2, diretto da Kevin Godley.

– Saluto con entusiasmo il ritorno della coreografa Toni Basil alla clip musicale (lei ha fatto La Storia, eh) con Hangover dei CSS, diretto con Matt Dilmore


Di straordinario successo perché legato ad un istant classic della musica leggera italiana, Fotoromanza è uno dei primi esempi di video musicali diretti da nomi eminenti della cinematografia mondiale.
In quel periodo Antonioni sperimentava sul linguaggio video (profeticamente: Penso che il video sia il futuro del cinema): Il mistero di Oberwald, ovviamente, ma anche lo spot per la Renault e questa clip (del cui risultato finale il regista non si disse soddisfatto: avrebbe voluto un budget più consistente).
Oggi come allora il video appare un mix di invenzione e ingenuità: è ingenuo perché la rappresentazione letterale del testo della canzone era fuori tempo massimo già all’epoca, anni in cui il videoclip cominciava a essere visto non più come semplice mezzo prono alle esigenze rappresentative del brano, ma come possibilità di ampliarne lo spettro espressivo. Così le riproduzione per figure del ritornello (questo amore è una camera a gas…) oggi fa un po’ sorridere; nello stesso tempo la lettura che di quel testo (bellissimo) il lavoro propone appare sottilmente deviata (si veda il finale), mentre l’incastro tra un’immagine e l’altra si rivela piuttosto raffinato.
In ogni caso Fotoromanza, più che per i suoi meriti oggettivi, rimane agli annali perché, alleandosi con Antonioni, la Nannini imponeva come mezzo promozionale – e ad un pubblico di massa – un video d’autore (e perché d’autore): in Italia questa era una piccola rivoluzione (la Bertè lo aveva fatto, come sempre, in anticipo – il video prodotto da Warhol, ma con un nome troppo avanguardistico per avere un riscontro popolare -).

Guarda anche:
Movie  (Loredana Bertè) regia di Don Munroe (Andy Warhol Studio), 1981
[da Fuori Orario, con commento finale di enrico ghezzi]

Gli Angeli (Vasco Rossi) regia di Roman Polanski, 1996

 


Grideremmo al miracolo se non sapessimo che Joel Kefali non è un novellino, ma una metà del duo Special Problems, perché questo Royals è un video di gran classe che propone una narrazione dilatata, con blocchi temporali alternati, nel bel mezzo di una sequela di immagini di fortissima suggestione, di composizione studiata e mai puramente estetizzanti, sempre coerenti con il tono del racconto e in linea ritmica con il brano musicale. Il video ha uno sviluppo semplice, in apparenza, ma all’improvviso vira sulla perfomance, con uno stretto primo piano sull’interprete (Lorde), per poi riprendere il suo corso con un finale a parte strepitoso. Pur assemblando molti stilemi di tanta recente videomusica, soprattutto scandinava (fotografia desaturata, racconto per atmosfere, dettagli esaltati) la clip ha un’ispirazione tanto forte da sottometterli alle sue istanze. Dritto tra i video dell’anno. Thumb up.
Voto: 9


→Video|Musica di aprile

Un mese ricco, con la sorpresa Kefali.