Anno interlocutorio per la videomusica questo 2018, a dirne bene. Deludente, a voler essere franchi. Solo un paio di anni fa si cantava vittoria (il 2016 resta un’annata sbalorditiva), l’anno scorso si manifestava fiducia e ci si proclamava moderatamente soddisfatti. Oggi si è tiepidi, sommersi da una cascata di immagini sempre più standardizzate che, quando li suscita, determina entusiasmi discutibili. Quali sono i due video che verranno ricordati? This Is America di Childish Gambino e Apeshit dei Carters: belli, ma sicuramente non nuovi (ne dico nello specifico). Cos’altro piace (e non verrà ricordato)? L’innocuo giochetto citazionistico di 1999 di Charli XCX e Troye Sivan, la scolastica e intelligentissima rievocazione di thank u, next di Ariana Grande, l’orripilante God’s Plan di Drake, la vuota grandeur di Shahmaran di Sevdaliza.
Qui, come ogni anno, una selezione personalissima di video divisa per categorie, qualche approfondimento (seguire i link), la top 20 che, mai come stavolta, premia la vivacità creativa, al di là degli esiti, il brivido che solo sporadicamente mi ha percorso la schiena.
En passant, tra i video che ho amato di più quest’anno ci sono le canzoni-parentesi in Leto di Kirill Serebrennikov: semplici, ma vivi e commoventi. Narrativamente, visivamente, tematicamente centratissimi, con i ricami animati di Dima Bulgakov. Ecco, forse è da quello spirito naïf e appassionato che bisognerebbe ripartire.
PERFORMANCE
IDGAF (Dua Lipa)
diretto da Henry Scholfield
È il secondo video consecutivo che Henry Scholfield realizza per Dua Lipa (New Rules, è stato uno dei coreografici più belli del 2017) e rappresenta la lotta interiore tra un lato debole e un lato forte della personalità della protagonista. Per rappresentare questo conflitto (è l’orgoglio in gioco) il regista sdoppia Dua Lipa e il suo corpo di ballo: le opposte istanze emotive vengono rappresentate come due squadre che si fronteggiano. Fino al momento della conciliazione suggellata da un bacio. Alla concezione del video ha partecipato anche il duo creativo Mosaert (Paul Van Haver/ Stromae e Luc Junior). Tra i più cliccati dell’anno. Di Scholfield, comunque, riparleremo.
Make Me Feel (Janelle Monáe)
diretto da Alan Ferguson
Accoppiata da sempre affiatatissima quella Ferguson/Monáe che qui gioca su neon colorati e motivi princiani (il video di Kiss, nella parte del set coreografico – omaggio doveroso al folletto che al disco ha messo l’ultimo zampino -).
lovely (Billie Eilish feat. Khalid)
diretto da Matty Peacock, Taylor Cohen
La scatola vuota dell’amore in cui la relazione è contenuta, un rapporto che si racconta come mimi. E mentre si interpreta la canzone il meteo dice dei sentimenti. Scialo di CGI, ma tutto proteso alla resa dell’idea. Freddo come qualsiasi analisi ha da essere.
Alone (Halsey)
diretto da Hannah Lux Davis, Halsey
Un bel set movimentato, scenograficamente sontuoso, ricchi costumi in odor di età del charleston (revisited). Certo, solita palette di colori che ha stufato, ma lo sforzo della messa in scena merita un plauso e il mestiere di HLD non è in discussione. Tanto da permettersi l’allucinazione ospedaliera di Drug Addict di Lil Pump con un quasi ovvio Charlie Sheen e, soprattutto, le girandole citazioniste di 2002 per Anne Marie e thank you, next di Ariana Grande.
WIN (Jay Rock feat. Kendrick Lamar)
diretto da Dave Meyers, Dave Free
Nella magniloquenza di una CGI sfrenata, che neanche Nabil dieci anni fa, la performance di Jay Rock e Lamar non solo non perde forza, ma si esalta e si potenzia.
Concetto ribadito dal solo Dave Meyers in God Is Woman (Ariana Grande), Stop Trying To Be God (Travis Scott) e Zero (Imagine Dragons) con invenzione figurativa di qualità indiscutibile e più di una punta di tedio.
Girls Like You (Maroon 5)
diretto da David Dobkin
Come giustificare una vagonata di cameo usando un unico set spoglio e un movimento di macchina circolare, rimanendo coerenti con il contenuto della canzone e, incredibile, non stancando chi guarda. I video pop riusciti sono anche questa cosa qui: roba semplice, quasi banale, ma vacci a pensare.
Beautiful (Bazzi)
diretto da Sherif Higazy
Video-kitsch, immerso in un mondo fatato, con Bazzi imprigionato da catene infuocate. Macedonia fantasy stucchevole e irresistibile.
Dinero (Jennifer Lopez feat. DJ Khaled)
diretto da Joseph Kahn
L’apologia del denaro e della ricchezza che straripa nei video contemporanei trova in questo la sua apoteosi ironica: non solo per la solita, perfetta interpretazione degli standard che Kahn riesce a inscenare come nessun altro, ma anche grazie a una protagonista che riesce a incarnare alla perfezione il sarcasmo di fondo. E il parallelo dinero – De Niro è da applauso.
Break-Thru (Dirty Projectors)
diretto da Sean Pecknold
Pecknold, anche quando gira video in real action, mantiene lo stesso approccio grafico dei suoi clip animati: geometrie, forme, colori, movimenti. Qui la performance si gioca all’interno di una stilosa scenografia abitata da pappagalli colorati. Il risultato ha del rigoroso e del casuale. Delizioso.
Girls (Rita Ora feat. Cardi B, Bebe Rexha, Charli XCX)
diretto da Helmi
Trionfo di quadri – classici, moderni e contemporanei -, femminilità al cubo e superba regia di Helmi che movimenta ogni segmento da par suo.
Low (Lenny Kravitz)
diretto da Jean Baptiste Mondino
Mondino ha dichiarato che non voleva più dirigere video musicali, a convincerlo è stato il pezzo di Kravitz. Mette così in scena un set semplice dei suoi. Giocando sulla ritmica piazza l’artista alla batteria e punta sul nero dello studio e degli abiti e la purezza della performance. Vincendo.
See You Again (Tyler The Creator)
diretto da Wolf Haley
Tyler, da regista, ha sempre dimostrato personalità, inventiva, capacità di scompaginare gli schemi: è la sua forza, ma anche il suo limite, perché l’imprevedibilità, paradossalmente, diventa la sua costante, il suo modulo… prevedibile. Questo clip è allora particolarmente efficace nel suo partire come musical classico per poi sterzare, come sempre fanno i suoi lavori, su registri più deviati e visionari.
E ancora
Shotgun (George Ezra)
diretto da Nelson De Castro, Carlos López Estrada
Pray (Sam Smith feat. Logic)
diretto da Joe Connor
Sucker Punch (Sigrid)
diretto da AB/CD/CD
Juice (iyla)
diretto da Embryo
I Love It (Kanye West & Lil Pump)
diretto da Kanye West & Amanda Adelson
Jacuzzi Rollercoaster (Róisín Murphy)
diretto da Róisín Murphy
Nothing Breaks Like a Heart (Mark Ronson feat. Miley Cyrus)
diretto da We Are From LA
NARRATIVO
Back to You (Selena Gomez)
diretto da Scott Cudmore
Da un fissato di metavideo come Scott Cudmore non può sorprendere questo denudamento delle radici, ed eccolo (finalmente) approdare a Godard (si denuncia subito: con quella scritta VIDEO che campeggia, a svelare la finzione). C’è Une femme est une femme, Pierrot le fou e molto altro, ma soprattutto c’è Selena Gomez davvero (Anna) Karina.
E già che si parla di meta-clip, tendenza sempre in voga in ogni annata videomusicale che si rispetti, segnalerei Vapours dei Kunzite, diretto da Dugan O’Neal (strambo e assai derivativo: si veda This Head I Hold degli Electric Guest diretto da Keith Schofield) e soprattutto Material dei Flashier diretto da Nick Roney che gioca intelligentemente (e con un certo divertimento) con l’interfaccia di YouTube (attenti col mouse, siete nella spirale dell’autoriferimento).
Say Amen (Saturday Night) (Panic! at the Disco)
diretto da Daniel “Cloud” Campos, Spencer Susser
Performance virata in action con divertenti evoluzioni di Brendon Urie che sembra non voler rinunciare al suo sabato sera, anche se viene raggiunto in casa da una task force pronta a sottrargli una preziosissima chiave. Convince la naturalezza con la quale l’esibizione aderisce alla narrazione, non venendo mai meno freschezza e divertimento. Daniel “Cloud” Campos, consueto partner del gruppo statunitense, è qui affiancato alla regia da Spencer Susser, che ha diretto nel 2010 il film Husher con Joseph Gordon-Levitt.
Starlight (Jai Wolf feat. Mr Gabriel)
diretto da Andrew Donoho
Sempre ossequiante i generi, Donoho qui propone un viaggio citazionista nel cinema spielberghiano (ragazzini in bici + presenze aliene), alla luce delle recenti riletture ottantesche (Stranger Things), con una interessante circolarità narrativa, che sottende, forse, un inizio visionario.
Donoho quest’anno vanta anche lo sci-fi Dirty Computer (Janelle Monáe), il distopico Guess Again (Plan B) e l’apocalittico ciclo per i Twenty One Pilots (1 – 2 – 3).
Filthy (Justin Timbelake)
diretto da Mark Romanek
Primo video tratto dal ritorno discografico di JT, come per il precedente disco è affidato a una firma “pesante” della golden age videomusicale (lì era David Fincher). E risponde alla medesima logica passatista e grandiosa, quindi costosissimo ed elaborato come si addice a un promo apripista. Il risultato è tecnicamente brillante, l’idea di base efficace (la convention ambientata in un futuro prossimo, un quasi-Steve Jobs che presenta un androide – che è lo stesso Justin Timberlake replicato in CGI -), ma la narrazione culmina su una nota ambigua che pare più un facile escamotage che una conclusione convincente.
Romanek ci ricorda che la classe non è acqua anche con la semplice intensità di Rescue Me dei Thirty Seconds To Mars del sempre più cristologico Jared Leto.
Me and Michael (MGMT)
diretto da Joey Frank, Randy Lee Maitland
Gli MGMT rubano la canzone del titolo a un gruppo filippino, hanno successo, ma vengono scoperti e, pentiti, chiedono perdono ai veri autori del brano. L’intera narrazione è inscenata in un mondo surreale la cui rappresentazione si muove a metà tra i set artigianali di Michel Gondry (retroproiezioni incluse) e una biotecnologia che ha del cronenberghiano. Il mix di linguaggi (televisivo e pubblicitario, anche), la sottile critica al mondo internettaro, il tono demenziale confermano il trend di una band che non si è mai accomodata sugli allori, ma ha sempre pensato al suo percorso video secondo logiche di ricerca e novità.
Walk It Talk (Migos feat. Drake)
diretto da DAPS, Quavo
Esercizio ben svolto su uno standard, quello della rivisitazione della televisione d’antan, con i Migos e Drake capelloni esagerati e Jamie Foxx che conduce il programma tv anni 70.
Doves In The Wind (SZA feat. Kendrick Lamar)
diretto da Nabil
Un ninja-western tarantiniano con SZA che canta a cavallo e Lamar-san sulla montagna, fino al duello volante: Nabil sempre pronto a sposare generi e insufflarci la sua ironia deviata, in bilico tra citazionismo colto e un tratto impudicamente tamarro (si guardi anche YOSEMITE).
SHAHMARAN (Sevdaliza)
diretto da Emmanuel Adjei
Dura coprire l’intera durata di un brano quando si hanno solo quattro idee visive ricondotte a una minima traccia narrativa. Si guarda a certa grandiosità di Tarsem e si gira un bello spot per un profumo che ha cinque minuti di troppo. Sopravvalutatissimo.
oh baby (LCD Soundsystem)
diretto da Rian Johnson
Marito e moglie, vecchi scienziati, trovano la formula del teletrasporto: il dramma improvviso, l’applicazione imprevista. Rian Johnson, fresco regista dell’ultimo Star Wars, alle prese con il video musicale fa un piccolo film con due star (Sissy Spacek e David Strathairn). Tanto lodato, ma poco oltre il compitino.
Queens (The Blaze)
diretto da Jonathan e Guillaume Alric
The Blaze continuano a girarsi i propri video confermando una vena poetico-realista che ha trovato in Territory la sua apoteosi. Qui un’evocazione in flashback di pezzi di passato alla luce di un tragico presente. Molto ben girato, ma l’epica è programmata e fa cilecca.
Free Yourself (The Chemical Brothers)
diretto da Dom & Nic
Bello sapere che certe intese non tramontano, e i Chem alle loro costanti ci tengono (Gondry, ad esempio). Qui è tutto superfico e professionale, ma anche leggermente automatico e già visto. Alta maniera, ma che pochi si possono permettere.
It’s Not Living (If It’s Not With You) (The 1975)
diretto da Warren Fu
Quando il tuo incubo ha le fattezze di Stop Making Sense e si permette una deviazione anche nel tuo video precedente (sempre di Fu, naturalmente).
The Other (King Tuff)
diretto da Cameron Dutra
La narrazione è in campo lungo: l’incontro e la performance alla luce del tramonto, sempre in lontananza, e così la chiusa malinconica e la coda quasi poetica. Coraggioso e in linea con le atmosfere disegnate dal brano.
window (joji)
diretto da BRTHR
Narrazione di genere intricatissima (tra dimensioni parallele e avatar possibili), aggravata dal tour de force stilistico dei BRTHR, sempre più scatenato ed eccessivo, ma sbalordente, al solito, per varietà di soluzioni.
E ancora…
Connected By Love (Jack White)
diretto da Pasqual Gutierrez
Quarrel (Moses Sumney)
diretto da Allie Vaital
Wave (Rone ft. Noga Erez)
diretto da Greg Barth
The Kids (Charlotte Cardin)
diretto da Kristof Brandl
Love S.O.S. (Justice)
diretto da Édouard Salier
DOCU-FICTION
Holy War (Rainbow Kitten Surprise)
diretto da Johnny Chew
Viaggio nei meandri di un’America lontana dai riflettori: bianco e nero e squarci di vita incisi da immagini e animazioni sovrapposte che mettono a nudo contraddizioni e verità.
River (Eminem feat. Ed Sheeran)
diretto da Emil Nava
Un bel pastiche, fuori dalle regole, in odor di reality (interviste ai protagonisti, video girati al cellulare, camere a circuito chiuso) che si ibrida con i canoni tradizionali del video performance (l’esibizione in studio di Eminem, il set scenografato di Sheeran) e la drammatizzazione tipica del videoclip spettacolare (gli effetti speciali tonitruanti che sottolineano le evoluzioni della storia a due).
Non male neanche le efferatezze da serial killer che Eminem sfoggia nel quasi-mockumentary Framed diretto da James Larese, schizzato (e non ci si riferisce solo al sangue) quanto basta.
Rastro de Pó (Tagua Tagua)
diretto da Douglas Bernardt
Un clip-cortometraggio che parte dalla constatazione di una tradizione di Bahia (la pericolosa guerra dei fuochi d’artificio per la festa di san Giovanni, che viene perpetuata a dispetto del divieto di legge) che si fa narrazione attraverso la storia di una madre e di un figlio. Taglio cinematografico curatissimo (a tratti fin troppo raffinato) e convincente abbinamento con il brano musicale.
Movements (Chapter III) (Leon Vynehall)
diretto da Young Replicant
Un suggestivo, a tratti struggente, album di fotografie in movimento che ricostruisce un’America anni 50 romanzesca, ma senza nessuna urgenza narrativa.
Qui il Chapter IV.
Hide (Rainbow Kitten Surprise)
diretto da Kyle Thrash
Scene di vita quotidiana di drag queen a New Orleans.
Role Model (Phoenix)
diretto da Chris Hopkins, Lost Art
I Phoenix entrano di forza nei filmati di repertorio che documentano opera&vita di Helmut Newton.
Fortunate Son (Creedence Clearwater Revival)
diretto da Ben Fee
Antropologie americane possibili per il video-commemorazione dei 50 anni del brano.
Once In My Life (The Decemberists)
diretto da Autumn De Wilde
Alla scoperta di Jacob, il fratello del regista, che racconta la sua storia di differenza (è affetto da CAPD – disordine dell’elaborazione uditiva centrale -).
SAD! (XXXTENTACION)
diretto da XXXTENTACION
Il presagio. Quando la fiction eccetera eccetera…
CONCETTUALE
Everything Is Recorded (Everything Is Recorded feat. Sampha & Owen Pallett)
diretto da Toby Ziegler
Da uno dei brani più belli dell’anno uno dei clip concettuali più complessi e sottovalutati: Ziegler associa alla musica una serie di immagini attinte dalla rete sulla base di un algoritmo che ha determinato la ratio della ricerca sulla base delle affinità visive (così, ad esempio, le cellule cancerogene richiamano le immagini di una pizza). E foto scattate e video girati dallo stesso regista. Il risultato è un complesso aggregato iconografico che accosta frammenti visivi in linea con la ritmica del pezzo (Ziegler è stato batterista e ha parlato, a proposito del video, di “suonare le immagini”), creando una sorta di commento tangente alla canzone, senza nessuna volontà di illustrarne il testo. Il legame di carattere puramente evocativo tra immagini e brano musicale conduce a una sorta di rappresentazione inconscia (per il regista Google è un inconscio collettivo) che incrocia le esperienze personali degli artisti coinvolti nel progetto Everything Is Recorded (che hanno segnato la concezione dell’album) e le vicende personali del regista (il coma della madre dopo un incidente, la sua morte).
Insieme a 8AM (animazione in CGI che evoca un trip allucinogeno avuto da Ziegler da adolescente) il video è stato oggetto di un’installazione.
OTW (Khalid feat. Ty Dolla $ign, 6LACK)
diretto da Calmatic
Khalid & C. come una boy band in un video anni 90: non solo citazionismo quello del losangelino Calmatic, ma una rigenerazione di forme che si innesta in una costruzione a più livelli che strizza l’occhio a Spike Jonze anche per il modo in cui riesce a dire moltissimo senza sottolineare nulla.
Del regista va segnalato anche FUN! di Vince Staples, tra Nabil (la soluzione contemporanea: il punto di vista è restituito dallo Street View di Google) e (ancora) Jonze (la molteplicità dei livelli: la strada che si scopre un set che si scopre a sua volta osservato dal ragazzino al pc). Se in Señorita che Ian Pons Jewell aveva girato per Staples nel 2015, si proponeva il concetto del quartiere proletario come parco di attrazioni allestito per l’intrattenimento di una fetta privilegiata di società (bianca), qui la tecnologia sembra il mezzo per avvicinare il ragazzo a una realtà lontana da lui: una sana curiosità che, per il condizionamento del suo ambiente, vive come un tabù.
Fever Pitch (Rainbow Kitten Surprise)
diretto da Jared Hogan
Ecco come usare alcuni dei luoghi tipici del videoclip di questi anni (la docufiction, i tableau, la performance didascalica) in modo rigoroso e con ironica consapevolezza.
Fix Me (Beck)
diretto da Brook Linder
Nuovi mostri sotto mentite spoglie.
God’s Plan (Drake)
diretto da Karena Evans
Drake, nel video della canzone più ascoltata dell’anno, devolve l’intero budget (un milione di dollari) e mostra le persone e le istituzioni a cui destina la cifra, attraverso una serie di minisipari e set performativi. La beneficienza diventa così spettacolo e investimento di immagine: il danaro è oscenamente protagonista (e costantemente in primo piano) mentre Drake appare come una sorta di Gesù-bancomat. Video semplicemente ripugnante che mira alla pancia dello spettatore (riuscendoci, le view parlano chiaro), laddove è l’intestino che dovrebbe rispondere al fuoco autoincensante. Molto meglio Anderson.Paak che prende tutti per il culo e i soldi li butta via (Bubblin’, diretto da CALMATIC).
Il duo (Drake + Karena Evans, una ex intern di Director X) si ripropone per la reunion della serie Degrassi di I’m Upset (appaiono anche Jay & Silent Bob aka Kevin Smith) e nell’ammasso di celebrità del sopravvalutato, pallosissimo In My Feelings che raccoglie anche i filmati di coloro che hanno accettato la sfida lanciata dal comico Shiggy di ballare il brano facendosi riprendere da un’auto con lo sportello aperto (8 minuti di vita).
Tip Pon It (Sean Paul feat. Major Lazer)
diretto da Alex Courtes
Comincia come il solito meta-video di quest’ultimo biennio, col regista che si accorda con la star per il promo da realizzare (vediamo Courtes nella sua casa parigina parlare con Paul in videochiamata), ma l’idea che sorregge il clip è molto più divertente e gioca con le dimensioni dei performer, abnormi e a stento contenuti negli studio che li ospitano, con tutto un mazzetto di gag che sorreggono la narrazione associata fino al termine. Il Courtes visivo, poi, non si discute e anche stavolta mette la firma visibile al lavoro.
Don’t You Know I’m In A Band (Confidence Man)
diretto da Schall & Schnabel
Sfogliare un magazine contestualizzando la performance pagina dopo pagina. Non nuovo, ma tanta ironia e un grande lavoro grafico, confermato dal successivo, psichedelico Out The Window. Un felice sodalizio giunto al capitolo quarto.
NUMB (Meg Myers)
diretto da Clara Aranovich
Meg Meyers è un’automa, desinsibilizzata, indifferente. Numb. Revisione dell’omonimo standard degli U2. Ampliato e movimentato. Certo, l’originale di Kevin Godley gioca in un altro campionato nel quale, peraltro, ha vinto lo scudetto.
Fuck Golf (gv.grace)
diretto da Elise Mesner
(Ri)fare i primi Canada con quasi un decennio di ritardo (li hanno già copiati tutti, sveglia). Ma qualche idea c’è.
Lost in Japan (Shawn Mendes, Zedd)
Diretto da Jay Martin
Quando la videomusica riproduce il cinema (qui una sorta di remake pedissequo di Lost in Translation di Sofia Coppola) non è mai un bel segnale. Ma il clip è davvero ben realizzato.
Way Too Far (Phony PPL)
diretto da Joe Weil
Gondry è la grammatica, oggi come allora.
E ancora
1999 (Charli XCX, Troye Sivan)
diretto da Ryan Staake, Charli XCX
Alright (Jain)
diretto da Greg & Lio
Black Snow (Oneohtrix Point Never)
diretto da Daniel Lopatin
Faceshopping (Sophie)
diretto da Sophie
ANIMAZIONE
Una dozzina di proposte, dal poetico Pablo Mengin al fresco ritorno dei maestri Kijek/Adamski.
Scandal (Bashton & Megalopolis)
diretto da Pablo Mengin
Get Out Of Your Own Way (U2)
diretto da Broken Fingaz Crew
Right Words, Natural State (Cults)
diretto da Elliott Sellers
Nameless Faceless (Courtney Barnett)
diretto da Lucy Dyson
Rapin* (Jenny Wilson)
diretto da Gustaf Holtenäs
Alive (Lil Jon f/ ft. Offset, 2 Chainz)
diretto da Elliott Sellers
Head Like A Haunted House (Queens Of The Stone Age)
diretto da Liam Lynch
Happier (Ed Sheeran)
diretto da Emil Nava
Look At That Butt (Dillon Francis feat. Jarina De Marco)
diretto da Harry Chronic Jr.
Date Night (Father John Misty)
diretto da Chad VanGaalen
Emerald Rush (Jon Hopkins)
diretto da Robert Hunter & Elliot Dear
ABOP (Tunng)
diretto da Kijek/Adamski
COREOGRAFIA
Uno dei generi che ha preso maggiormente piede nell’ultimo lustro è quello che vede la coreografia non necessariamente associata alla performance dell’artista, ma elemento spettacolare usato in chiave narrativa (si guardi il poderoso video di Jon Hopkins diretto da Seb Edwards), descrittiva o puramente ideativa. Una dozzina di proposte, a cominciare da quella coreografata da Ryan Heffington, il re del genere (ne abbiamo ampiamente scritto), che dirige (con Brantley Gutierrez) e coreografa anche l’ultimo video di Paul McCartney con Emma Stone. Nel video dei Fleet Foxes, di cui Heffington è anche regista e protagonista, la danza è usata per tradurre uno stato d’animo e per esternarne l’evoluzione. Durante una cena tra amici, nella mente del padrone di casa, si agitano i fantasmi di un recente, doloroso passato: quello della storia d’amore con uno dei suoi ospiti. Quando la ragazza di quest’ultimo mostra un anello di fidanzamento, al protagonista crolla il mondo addosso. Nel ballo, che congela il tempo della narrazione, esternando il suo tormento, l’uomo mostra come arriva ad accettare la situazione e a dare la benedizione alla coppia.
If You Need To Keep Time on Me (Fleet Foxes)
diretto da Ryan Heffington
Singularity (Jon Hopkins)
diretto da Seb Edwards
Growing Paints (Alessia Cara)
diretto da Alan Masferrer
Heart Attack (Tune-Yards)
diretto da Mimi Cave
We’re Going Home (Vance Joy)
diretto da Mimi Cave
Get It Right (Diplo feat. Mø)
diretto da Brantley Gutierrez
Colors (Beck)
diretto da Edgar Wright
Come Through and Chill (Miguel feat. J. Cole)
diretto da Kevin Calero
Big God (Florence + The Machine)
diretto da Autumn de Wilde
Doesn’t Matter (Christine and The Queens)
diretto da Colin Solal Cardo
Malamente – Pienso en tu mirá (Rosalía)
diretto da Nicolás Méndez (CANADA)
Di mi nombre (Rosalía)
diretto da Henry Scholfield
LUNGHI & CICLI
Liberato
video diretti da Francesco Lettieri
Progetto che si pone decisamente al di fuori dalle consolidate logiche della videomusica nostrana: l’anonimato dell’artista ha creato una grande attenzione in rete, rendendolo un fenomeno virale; così, come di rado accade dalle nostre parti, musica e video – che si legano fortemente a una cultura e a un territorio – viaggiano parallelamente.
Whack World (Tierra Whack)
diretto da Thibaut Duverneix, Mathieu Leger
Blue Lips (Tove Lo)
diretto da Malia James
Dig Down – Thought Contagion – Something Human – The Dark Side – Pressure – Algorithm (Muse)
diretti da Lance Drake
Ciclo vintage, tra anni 80 (il vhs style, l’arcade, Thriller di Michael Jackson, zombie e vampiri) e 90 (Blockbuster!) e un videogame che risucchia il protagonista e lo lancia in un postapocalittico road trip. Lance Drake sempre visivamente sicurissimo del fatto suo in un trionfo di led e luci neon, che è la costante ormai abusata dell’ultimo lustro videomusicale.
Algorithm è co-diretto da Tom Teller.
Palo Santo (Years & Years)
diretto da Fred Rowson
vedi qui
COMMERCIAL
Largo spazio ai commercial, che meriterebbero trattazioni e rubriche a parte, per quantità e qualità. Qui un’ampia selezione di spot diretti da registi che sono cari alla videomusica (a cominciare dal viralissimo video-ad per la Apple di Spike Jonze con FKA twig). Si tratta di lavori tutti meritevoli di visione, con alcuni veri capolavori (tutti i Villoresi – anche quelli non segnalati -, i due commercial di Daniel Wolfe per AT&T), spiccata tendenza alla parodia o alla citazione (almeno tre sono ispirati a Mission: Impossible) e una caterva di apparizioni (da cercare…): Serena Williams, Jennifer Lawrence, Keira Knightley (è uno dei più belli), Diego Maradona, Elton John, Rooney Mara.
Welcome Home (Apple)
diretto da Spike Jonze
Dining Room – Bedroom (Zara Home)
Vacanze romane – Serpenti – Viper etc… (Bulgari)
diretti da Virgilio Villoresi
Surprise – Bus (AT&T)
diretti da Daniel Wolfe
Air Pollution Campaign (TFL)
diretto da Us
The Korobka Never Asks (Nike)
diretto da David Wilson
Fingerdance (Fiat)
diretto da Joseph Kahn
Super Bowl Commercial (Dorito)
diretto da Nabil
The Indoor Generation (Velux)
Mama Said Knock You Out (Chase)
Believe in the Wonder of Giving (Macy’s)
diretti da Martin De Thurah
Trailer (Sexto ‘Nplugged)
diretto da Uolli
Fly Market (Apple)
diretto da DANIELS
Nothing Beats a Londoner (Nike)
Keep Christmas Wonderful (Orange)
Unmissable – Perfect Man (Heineken)
diretti da Megaforce
From Confusion to Clarity (Confusion.com)
diretto da Aoife McArdle
Touch Yourself (Burlei)
diretto da Danel Askill
Ghosts (Ikea)
Bohemian Rhapsody (John Lewis + Waitrose)
diretti da Dougal Wilson
Memory (Apple)
diretto da Ringan Ledwidge
Opening Film (Apple)
diretto da Tom Kuntz
Growth Spurt (Apple)
diretto da John Hillcoat
Rallying Cry (Nike)
diretto da Coralie Fargeat
The Boy & The Piano (John Lewis & Partners)
diretto da Seb Edwards
The Future Is You (Société Générale)
diretto da Antoine Bardou-Jacquet
Life Was Better Without Phones? (3)
The Christmas Fool (Argos)
diretti da Ian Pons Jewell
Who Stole The Cup? (Bwin)
diretto da Pedro Martin Calero
Moving On (Samsung)
diretto da Isaiah Seret
Coco Mademoiselle (Chanel)
diretto da Johan Renk
L’interdit (Givenchy)
diretto da Todd Haynes
J’adore the New Absolu (Dior)
diretto da Romain Gavras
Joy (Dior)
diretto da Francis Lawrence
Mon Paris EDP (Yves Saint-Laurent)
diretto da Ricky Saiz
The Heathrow Bears Return (Heathrow Airport)
diretto da Dom & Nic
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