TRAMA
L’undicenne Jonathan, in vacanza dal nonno nelle foreste del nord, è costretto a portarsi dietro la petulante sorellina, di cui non vede l’ora di liberarsi. Quando però la piccola viene rapita da un gigantesco orso selvaggio, il ragazzino capisce quali sono le sue responsabilità di fratello maggiore.
RECENSIONI
Dalla Danimarca arriva una storia fiabesca che più che attenersi alla tradizione unisce rimandi archetipici al classico racconto di formazione. Protagonisti sono infatti un fratello maggiore e la sorellina che, in vacanza in montagna dal nonno, si trovano a fronteggiare un orso dall'apparenza piuttosto temibile. Si tratta di un’enorme creatura ancestrale che si mimetizza sprofondando nella vegetazione, con alberi e arbusti che spuntano direttamente dal suo possente dorso. Un animale che, a dispetto della mole, si rivela però in grado di ascoltare e consolare chi dimostra purezza di sguardo, apertura mentale e giocosa curiosità. Solo i bambini, e quelli più piccoli, quindi con meno filtri, sono capaci di superare le minacce dell’esteriorità e possono così trovare un nuovo compagno di giochi con cui condividere una grande avventura.
Da questo universo incantato a uscirne male sono soprattutto gli adulti, incapaci di stabilire contatti (i genitori non compaiono mai e la scelta non pare casuale) oppure accecati da rabbia e preconcetti (il cacciatore violento e prevaricatore). La favola con morale procede piuttosto lineare e dopo una rapida presentazione dei personaggi si sofferma prima sulla scomparsa della sorellina e poi sulla caccia all'orso da parte dell'uomo. Gli aspetti più interessanti della pellicola, diretta dal giovane regista Esben Toft Jacobsen, sono quelli culturali che differenziano immediatamente il film da prodotti affini. Proviamo a immaginare lo stesso soggetto in chiave Disney. Avremmo trovato magari la stessa morale tesa all’accettazione del diverso, ma attraverso passaggi sicuramente più addolciti: un orso molto più coccolone, qualche animale di contorno buffo e strapparisate, l'edulcorazione di qualsiasi pulsione, il ravvedimento del cattivo, o una sua esemplare punizione, e l'immancabile canzoncina.
Invece l'approccio di Jacobsen, pur rivolgendosi a una platea esclusivamente infantile, è molto più crudo e non disdegna aspetti truci su cui solitamente i cartoni animati glissano: l'orso è spaventoso, tra i pochi animali di contorno ci sono corvi non particolarmente simpatici e uno viene addirittura ucciso, fratello e sorella non vanno d'accordo con ben pochi sensi di colpa al riguardo, il cattivo resta tale, le sue ragioni (che ci sono) vengono cancellate dalla sua brutalità e finisce piuttosto male. Ciò che colpisce del film è proprio l'assenza di compromessi nei confronti della natura umana, tanto che un senso di cupezza, a partire dalle scelte cromatiche tutt'altro che vivide, pervade il film anche nei pochi momenti sdrammatizzanti. Inaccettabile è solo il livello dell'animazione, piuttosto legnosa, e l'aspetto grezzo di character design e fondali. Elementi da cui non si può prescindere per valutare un'opera specificamente d'animazione nel suo complesso.
