TRAMA
In un piccolo paese del Sud, quattro disoccupati “occupano” un seggio elettorale vittima dei soliti brogli, prendono due ostaggi e pretendono casa e lavoro.
RECENSIONI
Lasciati da parte i film generazionali di fuga, Salvatores alza il tiro con la questione meridionale, non senza luoghi comuni e forzature schematiche (fra strizzatine d’occhio all’attualità e contrappesi banali alla corruzione-disoccupazione del Sud: vedi la figura del milanese fighetto e figlio di papà con i suoi pregiudizi). Dopo le “escursioni” in Marocco, Grecia e Messico, poco conta che il regista torni in patria: le sue “realtà” sono sempre lievemente fuori dal Tempo e dallo Spazio, sognate, anche grazie alla padronanza (non comune, in Italia) delle tecniche di ripresa e montaggio più moderne (fra gru, dolly, steadycam, fast forward, ralenti digitali, creativo missaggio di immagini e sonoro). Il racconto sa essere teso, emozionante, divertente e “impegnato” allo stesso tempo, e non è cosa da poco; gli interpreti (come sempre, nei film di Salvatores) danno il meglio con convincenti caratterizzazioni “forti” (compresa quella di Francesca Neri come doppiogiochista, difficile e, tutto sommato, riuscita); il “sapore” è un poco scontato, forse a causa della sua anima da “western politico” (come dice il regista) ma è controbilanciato da indovinati tocchi di regia (dove, in Italia, ci si affida spesso alla sola sceneggiatura): la storia si apre e si chiude, ad esempio, con “un’entrata” dal sottosuolo che fa da quinta teatrale su di una scossa di terremoto prima e sull’irruzione della polizia dopo; come a dire che sono la stessa cosa, agenti di un riassestamento che non muta la natura delle cose nel Mezzogiorno. Dardi avvelenati anche contro la Tv-scoop (il personaggio di Claudio Bisio) e la politica (quello di Renato Carpentieri). Commento sonoro rap dei 99 Posse e degli Assalti Frontali: sui titoli di coda un invito al rispetto per tutti i centri sociali occupati.