Drammatico

SHELL

NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2012
Durata90'
Fotografia

TRAMA

Padre e figlia gestiscono una pompa di benzina in un posto remoto delle Highlands scozzesi. Pochi incontri, molti silenzi, sguardi impietriti dal passare del tempo, attrazioni inconfessate. La ragazza sogna la fuga ma anche questo semplice desiderio sembra irrealizzabile. Un film doloroso e lieve, concentrato sui personaggi. Con una protagonista che non si dimentica e un paesaggio capace di ipnotizzare. (dal Catalogo del TFF)

RECENSIONI


In un distributore di benzina che si presta a palese metonimia dell’intero universo civilizzato, la giovane Shell rappresenta quell’ultimo appiglio d’innocenza naturale i cui impulsi più reconditi e repressi cercano sfogo e si identificano nella selvaggia cornice delle Highlands, vero e proprio personaggio dell’intera opera, richiamo ancestrale che progressivamente libera la principessa dalla sua torre.
E non è un caso che l’immagine digitale dello scozzese Graham richiami assiduamente la pittura di Edward Hopper, poetica linea di confine per uno sguardo e un corpo in perenne contemplazione autistica, terreno di conflitto tra Civiltà e Natura, tra gli istituzionali rapporti interpersonali e la totale emancipazione, tra un guscio verginale e la propria maturazione sessuale.
Shell, nella totale dipendenza verso il padre epilettico, involontario tiranno nel proteggerla ma che ne impedisce il desiderio di fuga (la macellazione del cervo divenuto stufato per la cena), scopre l’altro nei pochi incontri con i clienti di passaggio. Tra questi arrivano i primi corteggiatori, assidui nel tornare perché attratti da questo ultimo baluardo di incontaminata purezza e possibile scappatoia dalle problematiche del mondo esterno. Un mondo mai rappresentato ma alluso nei comportamenti dei visitatori che dapprima stimolano la curiosità della ragazza per poi farle rendere conto come dietro di essi si nasconda una nuova omologazione e prigionia (i regali consumistici dell’anziano spasimante, la volontà di trasferirsi in casa del primo fidanzato).
E per raggiungere la libertà tanto agognata e coerente con la natura di cui fa le veci, Shell può solo resettare quanto visto e sperimentato fino a quel momento dalla sua prospettiva univoca e chiusa, per incamminarsi verso un on the road che lascerà spazio all’immaginazione. 


Prendendo spunto da un cortometraggio omonimo precedentemente realizzato nel  2008, Scott Graham plasma un viaggio sensoriale in cui la parola è totalmente subordinata da un registro audiovisivo tangibile e coerente, privo di vezzi musicali e soundtrack (eccezion fatta per un significativo passaggio per radio di Walk of life dei Dire Straits) e incentrato su un attento studio dei suoni e rumori che riecheggiano nell’ambiente come se collocati in una cassa di risonanza.
Vincitore del 30º TFF, Shell, pur con il suo simbolismo piuttosto chiuso che a tratti indurisce la progressione degli eventi, è indubbiamente una ventata di ossigeno se contestualizzata in un concorso sterile e alquanto deludente. Insomma, premio meritato.