TRAMA
Peter Greenaway in persona, rifacendosi al suo film Nightwatching, espone i termini del J’accuse rivolto da Rembrandt ai membri della guardia civica ritratta nel suo quadro, noto al mondo come La ronda di notte.
RECENSIONI
Rembrandt's j'accuse rientra a pieno titolo nei lavori di Greenaway in cui il regista, concedendosi eccezionalmente una didascalia, approfondisce, a vantaggio dello spettatore, un aspetto saliente di una sua opera. Lo aveva già fatto in Fear of drowning che spiegava, in cento punti, la complessa trama di riferimenti iconografici e il fitto reticolo simbolico alla base di Giochi nell'acqua; si era ripetuto in A walk through Prospero's library (illuminante postilla a L'ultima tempesta) che, come il precedente citato, dimostrava in maniera incontrovertibile come dietro le immagini piene e stratificate del Nostro, non è certo il caos a regnare, ma una logica stringente, un ragionamento forte e una consapevolezza rara che non concedono spazio alcuno alla casualità. Nel caso in questione il regista espone in trentuno punti gli elementi dell'opera di Rembrandt che lo hanno condotto alla costruzione del complicato plot alla base del suo splendido Nightwatching, evidenziando, tra le molte altre cose, gli snodi fondamentali della congiura al centro del film. Senza stare ad approfondire i temi e le istanze visive che vengono esposte nel presente semidocumentario (e nel film cui esso si riferisce), ci limitiamo a sottolineare come la tendenza di Greenaway a esasperare la parola, per esorcizzarla ed accantonarla nei fatti (il testo, per quanto voglia essere esplicativo, è esposto secondo un registro talmente carico ed esasperato da rendersi infine ostico quanto il plot stesso), viene pienamente riaffermata e si mostra tanto più paradossale quanto più si rifletta su quella che è, o vorrebbe essere, la funzione di questo lavoro (I). Sublime dunque rimane il modo in cui Greenaway continua a non cadere in alcuna trappola teorica, a piegare il testo utilitaristicamente alle istanze primarie del suo lavoro, non mollando, coerentemente, il discorso a favore incondizionato dell'immagine filmata. Su quella che è la geniale riflessione (sulla pittura e sul cinema) contenuta in Nightwatching (qui accennata in un discorso molto ampio che diviene anche splendente lezione di storia dell'arte), sullo specchio pretestuoso che questo film rappresenta per il Greenaway regista, sui compromessi dell'arte e sul suo controverso rapporto con il sistema e la società, sulla cecità e la visione dell’artista, sui delicatissimi collegamenti tra Storia e storie, sul metodo narrativo usato dal gallese, su tutta quella che, in definitiva è la sostanza di questo film straordinario (Nightwatching, dico), che trova distribuzione ovunque tranne che in Italia, non mi soffermerò in questa sede: è già pronto un lungo speciale in cui gli aspetti in questione vengono ampiamente sviscerati; sarà disponibile online non appena una versione italiana del film sarà – in qualsiasi modo – disponibile.
(I) In tal senso, per quanto poco ortodossa, ci pare di poter sottoscrivere nella sostanza l'esclamazione di una spettatrice alla fine della proiezione: “Che flashata!”.
