TRAMA
Nella Cuba di fine Ottocento il ricco commerciante di caffè Luis Antonio Vargas contatta una ragazza americana, Julia, per combinare un matrimonio. La donna non è quello che sembra.
RECENSIONI
Cristofer adatta Waltz Into Darkness di Cornell Woolrich, che già Truffaut trasformò in La Mia Droga si chiama Julie, piegandolo alla logica del cinema commerciale americano: personaggi disinvoltamente, insistentemente a letto insieme, Banderas e Jolie come ghiotta occasione di un doppio spogliarello [lei è un feticcio erotico del regista: già lesbica in Gia], una storia che fa di tutto - fin da titolo e locandina- per guadagnarsi l'appellativo di provocante. Ma attenzione: il teatrino è tutto di cartapesta, il prurito è solo apparentemente spinto ma in realtà tiepido e rassicurante, i voyeurs intravedono qualche corpo scolpito che si affanna l'uno sull'altro - un sesso furioso ed improbabile - ma rimangono con l'amaro in bocca. I due attori, come noto, più che recitare si abbaiano addosso e all'occasione sgranano gli occhi; la storia, rinfrescata dall'espediente rivoluzionario del flashback (soprattutto di questi tempi che non lo usa nessuno, signora mia) semina pretestuosa ambiguità e insinua dilemmi da preistoria (il crimine paga? E soprattutto: a chi interessa?) coinvolgendo lo spettatore con delicatezza pachidermica. Il peccato originale della sottigliezza è definitivamente soffocato: in lode all'eufemismo diremmo che ogni angolo del film contiene allusioni erotico/sessuali, al fine di corteggiare una fascia di pubblico amante di immagini in movimento poco vestite oppure deliziare gli autentici amanti del nulla. Spacciandosi come un'arditezza fuori dagli schemi iscritta al partito dello scandalo, Original Sin è l'esatto contrario: l'ennesima trovata incolore di Hollywood, che raccoglie gli scarti dei classici per farne carne da macello.
