TRAMA
Da qualche parte al Nord. Irena, ucraina, viene assunta come domestica da una famiglia di gioiellieri.
RECENSIONI
Esagera Tornatore. Il regista mette a freno panoramiche e dolly - non ha più il corpo di Monica Bellucci da circumnavigare a pretesto - e riassume, nella prima parte, il sommario del genere thriller: sospensione, incertezza, ambiguità, penombra, tremolii. Esagera nel ripasso del sussidiario; gonfia il montaggio alternato sul legaccio presente/passato (il trascorso di Irena, nelle grinfie di un crudele pappone, viene illustrato con esattezza pleonastica), torna all'origine della specie nella divisione dello spazio scenico (la sequenza Rappoport/Gerini, dove la prima si avvicina alla cassaforte e la seconda rischia di sgamarla, è una trovata preistorica), manda le esplosioni musicali di Morricone a segnalare i momenti chiave, magnificando il significante ma deprezzando il significato di per sé. Il film tutto sommato, passeggiando su armamentario televisivo, regge per un'ora raccontando la favola minacciosa del Nord Italia, il cielo opaco sopra una mandria di gioiellieri - l'intreccio si trasforma come materiale d'oreficeria -, la spigolosa divisione tra Alto e Basso dove ognuno è sconosciuto. Esagera nella sostanziale condizione di (voluta?) sciattezza, nell'infilare il verme nella mela dorata, nel puntualizzare tutti i segnali di angoscia domestica. Esagera nell'insinuare il benevolo dubbio che l'opera non vada da nessuna parte e che, imperfetta e grossolana, sia però una semplice e legittima variazione sui toni del nero. Nel secondo tempo, per chi non ha abolito l'intervallo, il disastro: il cattivo torna dalla morte, la dura vita della prostituta viene rivoltata al dettaglio smorzandone il tormento interiore, il confronto tra madre e figlia è piuttosto lezioso e sputacchia glucosio. Esagera Tornatore perché fa la morale; il film non evita la trappola sentimentale sbracando il tempo fisiologico del racconto (la scena dell'abbraccio doveva essere finale) e, insieme, mantiene nell'aria una tristezza di circostanza per incollare il bollino d'autore. Esagera un cast oltre le competenze: Favino si dibatte in un ruolo estraneo, Gerini soffre una parte più intensa di lei, Placido si mette in gioco a tratti magnetico, Clara Dossena è fragile e corretta, Haber e Buy fugaci comparse, Ksenia Rappoport si beve facilmente l'intero parco italiano. Esagera un lavoro programmatico che, malgrado guadagni una marea di aggettivi in -issimo (bellissimo, tristissimo), saltella invece di volare e annoia se vuole commuovere. La sconosciuta è la sottigliezza, ma non siamo in campo metafilmico. Esagerato.