TRAMA
Per carpire i segreti di un illusionista di circo, lo fa ubriacare fino alla morte. Arriva al successo ma è troppo ambizioso e…
RECENSIONI
Dopo Il Filo del Rasoio, Edmund Goulding è al servizio di un altro ruolo insolito ed impegnativo per Tyrone Power, nella parte di un uomo superbo, ambizioso e senza scrupoli che dovrà fare i conti, più che con la propria coscienza, con le stesse "forze soprannaturali" (i tarocchi, la sorta di maledizione che lo "reincarnerà" nell'illusionista alcolizzato e nell'uomo-bestia, l'ira di Dio) che cavalca scetticamente ingannando il prossimo, illudendo chi lo ama. L'arte della menzogna è l'anima dello spettacolo, non deve esserlo della vita intera: il personaggio di Power porta del bene alle persone al caro prezzo della verità e a danno della propria anima, che bestemmia il divino con diabolico cinismo e talento. Il film, sorta di noir, porta anche a riflettere sul fascino esercitato dai falsi profeti e dai predicatori carismatici, sulla credulità e la voglia di credere delle persone. Spesso le opere di Goulding erano oggetti curiosi ed anomali per gli standard hollywoodiani, trattavano argomenti esistenziali, melodrammatici, "ai confini della realtà": basterebbero la cupa ambientazione in un circo ambulante (e lo splendido bianco e nero di Lee Garmes) alla Freaks, il disegno insolito delle figure femminili di contorno, le tematiche religiose, etiche e psicanalitiche toccate (e scottanti: ci furono polemiche) dallo sceneggiatore Jules Furthman (che adatta un romanzo dell’anno precedente di William Lindsay Gresham), a fare della pellicola un piccolo oggetto di culto.