TRAMA
1431: il tribunale ecclesiastico di Rouen processa la pulzella d’Orleans, sottoposta a vari interrogatori che ne provino l’eresia perché, in realtà, è già stata condannata a morte a priori.
RECENSIONI
Cinema scarno, essenziale a partire dalla sua durata (poco più di un’ora): il fenomenologico si fa discorso astratto, simbolico, intenso, illuminante. Bresson pone due concezioni del Sacro a confronto: la pulzella è la fede interiorizzata, semplice e devota; gli oppositori sono i burocrati dei testi sacri, i politici della religione, gli esegeti che perdono il senso del testo nel momento in cui lo approfondiscono. Nel momento in cui mediano con la ragione, subiscono un’inconsapevole corruzione dell’animo che porta alla malizia con cui si dubita della purezza altrui sovrapponendola alla propria, additando ad esempio una potenziale lussuria dell’accusata con i soldati per, poi, pensare di violentarla in nome della superstizione. Sono ciechi al mondo interiore in stato di Grazia della vergine: non possono comprendere uno stato di beatitudine che non li ha mai toccati ma che si sentono in diritto di giudicare. Tre ambienti (il tribunale, la cella, il rogo), figure reiterate (la mano dello scrivano, il prelato in bianco e la sua direzione silenziosa, la soggettiva dal buco nel muro): tutto propedeutico ad una trascendenza cinematografica, atta a trasformare le scene in luoghi dell’anima e discorso spirituale, al contrario della Passione di Giovanna D'arco di Dreyer, in cui il mistero era cercato attraverso effetti drammatici e con la macchina da presa che tentava fisicamente di penetrare il volto/animo della santa. Fondamentali il modo di recitare di Florence Carrez (alias Florence Delay), fra straniamento e naturalismo, e il suo gioco di sguardi (abbassa sempre gli occhi, impassibile dinnanzi agli accusatori ma in lutto nell’intimità): ma è la messa in immagini di Bresson la discriminante, delicata e allo stesso tempo potente, complessa ma in apparenza dimessa/stilizzata, sussurrata ma non meno poeticamente dirompente. Notare la finezza in levare con cui comunica i pensieri dei giudici (il parallelo fra le fate e le visioni dei santi di Giovanna), il dettaglio del popolo fuori campo se non per i piedi durante uno sgambetto (“A morte la strega!”), la “liberazione” di Giovanna in cui lei stessa non crede più (un fuggevole primo piano sulla catena aperta), il traballio della croce prima che s’ammaini di fronte alla morte della santa.
