Drammatico

IL FIUME (1951)

Titolo OriginaleThe River
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1951
Durata99'

TRAMA

“Il Fiume è la storia di una famiglia inglese con molti figli che vive sulle sponde del Gange a contatto con una civiltà ancora incontaminata. Le forze che muovono il racconto sono quelle immutabili dell’esistenza: l’infanzia, la scoperta dell’amore, la morte, la nascita.”

RECENSIONI

Alla mobilità della macchina da presa, alla profondità di campo, si sostituiscono qui inquadrature fisse (…). In questo film non ci sono carrellate né panoramiche. Questo abbaglio eccellente, firmato André Bazin, è insieme [1]sorprendente e [2]illuminante. E’ [1]sorprendente perché non solo Il fiume non è composto di sole inquadrature fisse prive di profondità di campo ma ci sono almeno due sequenze chiave che il grande Bazin avrebbe dovuto notare: la prima, costruita proprio sulla profondità di campo, vede le tre ragazze e il capitano John coinvolti in un complesso gioco di sguardi e attori di una serie di dinamiche relazionali che costituiscono alcuni dei temi centrali del film (turbamento post-adolescenziale, gelosia, perdita dell’innocenza); la seconda, che chiude addirittura il film, è un carrellata in avanti a stringere sulle protagoniste per poi “scavalcarle” e chiudere con una breve panoramica sul fiume. E’ però [2]illuminante perché ci dice quanto fosse approssimativa e aleatoria l’analisi del film pre-riproducibilità tecnica ma soprattutto, ed è quello che maggiormente ci interessa in questa sede, ci testimonia della profonda compostezza formale di un film stilisticamente coeso, tetragono, perfetto. Film spartiacque tra gli anni ’40 hollywoodiani e il ritorno in Europa del maestro francese, Il fiume segna anche il ritorno su loci già visitati da Renoir, al suo cinema dei “contrasti non irrisolti” [arte – vita (le poesie di Harriet che si intrecciano con la narrazione, il “sogno danzante” con gli attori personaggi tramutati in divinità), natura – cultura (il fluire del fiume che scandisce le vicende umane, i bambini come “buoni selvaggi” incorrotti)], alla metaforizzazione del fiume che assume vera consistenza narrativa (cfr. Boudu salvato dalle acque, Una gita in campagna, o la “scena madre” di Verso la vita, girata proprio in riva al fiume) e all’intreccio indissolubile tra documentario e finzione, già accarezzato in La Vie est à nous. Vere e significative novità sono invece il respiro internazionale che caratterizzerà l’ultima fase della sua carriera e, soprattutto, l’uso del colore: ne Il fiume (primo film a colori di Renoir e primo film in Technicolor girato interamente in India) si apprezza una paletta cromatica ben “scandita”, dove la nettezza dei colori primari si impone sulle sfumature, dotando il film di una intenzionalità, di un fascino quasi sperimentale (si veda l’esplosione di colori finale) che, se certo non ripropone le arditezze tecnico-sonore di On purge bébé (Il Fiume non è, cioè, l’equipollente cromatico de La purga del pupo) ci consegna comunque un Jean Renoir assolutamente vitale e ancora pronto a farsi sedurre dal linguaggio della tecnica.