FLOP
Di film che sono andati meno bene del previsto, o peggio rispetto ad altri paesi in cui hanno conquistato invece maggiore pubblico, ce ne sono stati tanti e per varie ragioni. Cominciamo con Straight Outta Compton (€ 564.832 in Italia contro i 161 milioni di dollari in America), il cui tiepido riscontro italiano è dovuto al fatto che il film, raccontando l’ascesa e il declino del gruppo hip-hop N.W.A. di Compton, fenomeno soprattutto americano, si configura come opera di nicchia rivolta prevalentemente agli appassionati del genere. Per restare in ambito U.S.A., non ha conquistato il pubblico italiano nemmeno Un disastro di ragazza di Judd Apatow, con un incasso di soli 70 mila euro. Oltreoceano è stato un successo (110 milioni di dollari) ma non è il film di Apatow che ha incassato di più (ha fatto meglio Molto incinta, uguale 40 anni vergine ma peggio Funny People e Questi sono i 40), mentre da noi conferma la difficoltà dei comici di aprirsi spazio al di fuori del paese di origine (qui Amy Schumer è mattatrice assoluta). La Universal fiuta comunque le difficoltà insite nella distribuzione e ne limita la diffusione a 106 schermi, che, comunque, non sono così pochi e non premiano il film con una media sconsolante, al debutto, di € 656. È comico, questa volta però inglese, e ha funzionato ugualmente poco, anche Un’occasione da Dio, che si ferma a 568 mila euro: titolo anonimo (anche l’originale Absolutely Anything, però, non faceva scintille!), che scimmiotta le già non mirabolanti gesta di Jim Carrey (Una settimana da Dio) e un trailer che dice già tutto. Peccato perché la regia del Monty Python Terry Jones qualche sorpresa, forse, la poteva riservare e poi Simon Pegg sa essere decisamente buffo. In ogni caso non ha funzionato nemmeno in patria (solo 2 milioni 200 mila dollari) e in U.S.A. non è ancora prevista una data di uscita.
Pare non essere proprio la stagione delle commedie, perché anche Professore per amore (altro titolo decisamente anonimo), con Hugh Grant e Marisa Tomei, non ha avuto distribuzione in U.S.A. e in nessun paese in cui è uscito, Italia inclusa (dove si ferma a 263 mila euro), è stato in grado di raggiungere il milione di euro (cifra solo sfiorata in Gran Bretagna). Fa flop pure l’americano Qualcosa di buono, titolo banalissimo per il dramma di una pianista a cui viene diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, che conferma lo scarso fiuto commerciale di Hilary Swank, che potrebbe fare qualsiasi film e finisce per fare in prevalenza quelli sbagliati. In U.S.A. esce solo in 5 sale (è vietato ai minori di 17 anni non accompagnati per la presenza di contenuti sessuali, uso di droghe e linguaggio scurrile) per un totale di 11 mila 500 dollari. In Italia Koch Media gli mette a disposizione 169 sale garantendogli il maggior ritorno economico mondiale (390 mila euro).
Il flop ufficiale della stagione è, però, quello di Fantastic 4 – I fantastici quattro, reboot fallimentare della precedente doppietta di Tim Story: I Fantastici Quattro (2005) ) e I Fantastici 4 e Silver Surfer (2007). Le ambizioni erano quelle di maggior realismo e drammaticità rispetto alle versioni pop di Story, ma il risultato è stato unanimemente stroncato dalla critica, ripudiato dai fan ed evitato dal pubblico. Pare che alla debacle abbia contribuito il rapporto del regista Josh Trank con i produttori della Fox in seguito ai diversi rimaneggiamenti che il film ha subito e che hanno determinato vari posticipi nella data di uscita. Ormai celeberrimo il tweet del regista alla vigilia del primo week-end dopo le disastrose reazioni della critica: «Un anno fa avevo pronta una fantastica versione che avrebbe ricevuto ottime recensioni. Probabilmente non la vedrete mai. Purtroppo è questa la realtà». Un tweet scacciapubblico che pare sia costato circa 10 milioni di dollari in termini di mancato incasso, questo, almeno, in base alle dichiarazioni, non proprio al settimo cielo, dei pilastri della Fox e che fa pensare soprattutto al potere dei social network. Non così terribili alla fine gli incassi, ma bassi per un cinecomic, genere che in questo periodo sta godendo di un’ottima popolarità. Lontana, comunque, la copertura del budget di 120 milioni di dollari: 56 milioni di dollari negli U.S.A. e 111 milioni di dollari nel resto del mondo, senza punte significative. In Italia si ferma a € 1.857.415.
VENEZIA
Non è una novità. I film presentati ai festival, Venezia in primis, difficilmente ottengono numeri significativi. Già da un po’ di anni le cifre sono particolarmente striminzite. Le cause sono da ricercare nella distribuzione limitata dei film presentati e nello scarso appeal commerciale che li caratterizza. Tutto scontato, del resto un festival è territorio di ricerca non per forza in grado di andare incontro ai presunti gusti del pubblico, ma alcuni titoli, con una maggiore cura nel modo di proporli, avrebbero potuto squarciare più significativamente la presunta indifferenza dello spettatore italico. Se si esclude il film di apertura Everest, attualmente al settimo posto nella classifica stagionale, che non aveva bisogno del festival per ottenere risultati dignitosi (e, diciamolo, anche il festival non è che ne abbia beneficiato granché), si può dire senza esagerare che tutti i film presentati nelle sale a ridosso della manifestazione hanno deluso le aspettative. Anche Johnny Depp, la cui stella è in caduta libera da tempo però, con Black Mass – L’ultimo gangster si ferma a 2 milioni 236 mila euro, che comunque è il miglior risultato del mondo dopo gli U.S.A. (62 milioni 46 mila dollari), a dimostrazione di un’opera che ha finito per non convincere più di tanto.
Degli altri film provenienti dalla kermesse veneziana, nessuno raggiunge il milione di euro. Supera i 500 mila euro solo Non essere cattivo (€ 686.361), grazie alle lodi sperticate di gran parte della critica e alla scelta del titolo come rappresentante dell’Italia alla prossima stagione degli Oscar (è cominciato il tour promozionale, sarà molto difficile poter rientrare nella cinquina finalista). Ottengono una certa visibilità anche Per amor vostro (€ 482.830), Coppa Volpi a Valeria Golino ma distribuzione limitata (passata però, data la buona media per sala, da 56 a 66 copie), e L’attesa (€ 430.439), grazie alla distribuzione di Medusa che lo fa circolare anche nei multiplex in un discreto numero di copie (143, già ridotte a 87, però, dalla seconda settimana). Molto sotto agli standard invece Marco Bellocchio con Sangue del mio sangue (375 mila euro) che debutta al decimo posto in 94 sale, per poi scendere al 14º posto nella seconda settimana e uscire dalla top-20 già dalla terza settimana. Troppo poco anche per il bel film di Vincenzo Marra, La prima luce (120 mila euro), ma l’assenza di promozione non lo ha di certo aiutato. Discorso analogo per Marguerite (74 mila euro), allo sbaraglio dopo il passaggio in concorso al festival. Briciole per gli altri (Pecore in erba, Arianna), con risultati tutti inferiori ai 50 mila euro.
LA FESTA DEL CINEMA
Quest’anno la Festa del Cinema, tenutasi da lunedì 12 a giovedì 15 ottobre, ha funzionato a meraviglia: sono stati infatti 1 milione 800 mila gli spettatori che hanno acquistato il biglietto a 3 euro nei quattro giorni della promozione. Un risultato stupefacente sia in termini di spettatori (+146% rispetto alla settimana precedente e +225% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) che di incassi (+33% rispetto alla settimana precedente e +89% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). Perché tanto clamore rispetto all’ultima festa tenutasi con risultati decisamente sottotono nel maggio del 2014? Essenzialmente per due motivi. Intanto non si sono fatti uscire fondi di magazzino ad hoc che a prezzo pieno nessuno avrebbe visto, ma la programmazione ha seguito il suo normale corso. Inoltre, la promozione è durata solo per quattro giorni feriali, includendo anche il giovedì con le nuove uscite, evitando l’estensione al week-end che ha invece beneficiato di un rinnovato interesse degli spettatori nei confronti della sala come luogo di svago e condivisione.
CINEMA D’ESSAI
Vita dura, come abbiamo più volte avuto modo di sottolineare, per il cinema d’essai, confinato nelle sale del centro delle grandi città, escluso dalle multisale periferiche (anche perché lì, si è provato, non funziona granché) e difficilmente in grado di raggiungere le monosale della provincia, se non tramite rassegne organizzate dai più volenterosi. Il numero esiguo di sale in cui viene distribuito lo confina inevitabilmente nell’ambito dei piccoli numeri. Ne sono una riprova gli incassi modesti dei film presentati a Venezia.
A stupire è l’ottimo riscontro del vincitore dell’Orso d’Oro all’ultima Berlinale, Taxi Teheran di Jafar Panahi (€ 765.434), che debutta a fine agosto in sole 41 sale conquistando il nono posto del box-office con 110 mila euro e una media per sala notevole (€ 2.695), la migliore della top-20 dopo quella, altissima, dei Minions (€ 8.103). Si mantiene stabile al nono posto la settimana successiva, quando le sale diventano 90, scende al 13° posto la terza settimana e al 20° la quarta, ma mantiene un interesse costante, evidente dalla media elevata nelle pochissime sale in cui continua a essere programmato fino a fine ottobre.
Grazie alla presenza di attori mainstream (Colin Farrell, Rachel Weisz, John C. Reilly, Léa Seydoux), al Premio della Giuria al Festival di Cannes e al fatto che è qualcosa di completamente diverso in grado perlomeno di incuriosire, The Lobster, del greco Yorgos Lanthimos, si ritaglia una certa visibilità anche in Italia (€ 552.822). Esce a metà ottobre, quindi è ancora nelle sale e destinato a incrementare ulteriormente i numeri, e debutta al 14º posto in 48 sale con una media buona di € 2.499. La seconda settimana la posizione è stabile, così come la media, mentre la fase calante comincia alla terza settimana, quando la Good Film non lo sostiene (le sale calano a 36) nonostante il buon andamento.
Non decolla, invece, l’ultimo Wim Wenders presentato con tiepida accoglienza alla Berlinale. Ritorno alla vita (anche in questo caso siamo nell’ambito dei titoli che non si fissano nella memoria) debutta infatti a fine settembre al 10º posto in 84 sale (media non esaltante di € 1.324) e alla seconda settimana perde il 57% degli incassi scendendo già in 18esima posizione. La sua scomparsa di scena è pressoché immediata, con un incasso di appena € 376.296. Meglio comunque dell’ultimo film di fiction del regista tedesco. Palermo Shooting, infatti, uscito a novembre 2008, non aveva raggiunto nel nostro paese i 100 mila euro. Più remunerativi e unanimemente apprezzati gli ultimi documentari girati da Wenders. Ottimo, infatti, il riscontro sia per Pina nel 2011 (€ 1.260.000) che per Il sale della terra nel 2014 (€ 1.526.000).
Tra gli altri si fanno strada grazie al passaparola, nonostante le pochissime in sale in cui sono distribuiti, lo spagnolo La vita è facile ad occhi chiusi (€ 169.488 in 26 sale) e il marocchino Much Loved (€ 141.943 in 32 sale) che con un po’ più di sostegno da parte della distribuzione avrebbero potuto ottenere risultati più lusinghieri.
ITALIA
Tolto Suburra, unico vero successo medio di stagione, nessun film è stato in grado di raggiungere i due milioni di euro. I film provenienti da Venezia, affrontati in precedenza, sono stati mediamente disertati e tra gli altri gli unici a ricavarsi un certo spazio sono stati fondamentalmente tre titoli, con incassi piuttosto allineati. Tra questi il più visto è Tutte lo vogliono (un altro titolo che non si fissa in mente) di Alessio Maria Federici (€ 1.824.864) che propone doppi sensi e una coppia di volti televisivi noti al grande pubblico (Enrico Brignano e Vanessa Incontrada) senza però riuscire, nonostante le 363 sale a disposizione, a intercettare la sonnecchiante platea telecomando munita a cui è prevalentemente destinato. Discorso affine per Poli opposti di Max Croci (€ 1.657.022) che attraverso la coppia Luca Argentero e Sarah Felberbaum ambisce, invano, alla commedia sofisticata. Più originale l’abbinata Margherita Buy e Sabrina Ferilli con Io e lei (€ 1.740.540) che cerca di evitare provocazione e stereotipi della coppia omosessuale finendo per non scontentare nessuno ma anche accontentare pochi. Una conferma, però, della ricerca di Maria Sole Tognazzi di un cinema personale in grado, perlomeno, di parlare al presente.
Dopo questi tre titoli il vuoto, anche perché si tratta di uscite limitate, in grado quindi di raggiungere un numero limitato di spettatori: il recupero del vincitore del Gran Premio al Festival del film italiano di Annecy 2009, La bella gente di Ivano De Matteo, (un incasso di 282 mila euro in 44 sale), il racconto intimista In un posto bellissimo, di Giorgia Cecere con Isabella Ragonese e Alessio Boni (circa 100 mila euro in 62 sale), e L’esigenza di unirmi ogni volta con te, di Tonino Zangardi, con Claudia Gerini e Marco Bocci (337 mila euro in 99 sale) che non si può certo dire che non abbia un titolo originale, forse troppo.
GLI ALTRI FILM DEL TRIMESTRE
Tra gli altri titoli presentati nel primo trimestre della stagione non si segnalano situazioni particolarmente eclatanti, ma risultati tutto sommato in linea con le aspettative (altrimenti sarebbero inclusi negli altri paragrafi).
Lo stagista inaspettato (€ 2.284.893) ha un budget di 35 milioni di dollari interamente ripagato già dagli incassi americani (74 milioni di dollari). L’aggiunta di 115 milioni di dollari dagli altri mercati lo rende molto remunerativo e a incidere sul totale sono soprattutto i numeri di Corea del Sud (24 milioni e mezzo di dollari) e Giappone (12 milioni 700 mila dollari). Per restare alla commedia, con una spruzzata di dramma, ottiene un minore riscontro Dove eravamo rimasti, titolo italiano assai sciapo (Ricki and the Flash era molto più rock) dell’ultimo film di Jonathan Demme, con Streep madre e figlia. In Italia si ferma a 728 mila euro, che considerando il tenore dei talenti coinvolti e le 223 sale a disposizione non è un gran risultato. In U.S.A. lo stop è a 26 milioni 822 mila dollari in 2.064 sale e anche negli altri mercati non desta particolare interesse (13 milioni 268 mila dollari), ma il budget particolarmente basso (18 milioni di dollari) consente un pareggio già con il theatrical. Situazione analoga anche per Woman in Gold (in Italia un milione 139 mila euro), che ottiene numeri discreti (59 milioni di dollari globali di cui 33 milioni negli Stati Uniti) ed essendo costato solo 11 milioni di dollari si può considerare un grande successo.
Sono usciti anche due seguiti di cui si sono perse in fretta le tracce: Magic Mike XXL e Maze Runner – La fuga. Il primo perde la firma di Steven Soderbergh che resta come produttore esecutivo mentre il timone passa a Gregory Jacobs. Se i mercati extra-americani rispondono in linea con il capostipite (circa 50 milioni di dollari) è il mercato U.S.A. che modera l’entusiasmo e passa da 113 a 66 milioni di dollari. Notevole anche il calo per il mercato italiano: da 3 milioni 847 mila euro a circa un milione di euro.
Regge meglio la saga di Maze Runner. La fuga, infatti, è già a 311 milioni di dollari worldwide contro i 348 milioni di dollari del primo film. Anche se sono raddoppiati i costi, passati da 34 a 61 milioni di dollari, il ritorno economico e l’interesse destato sono ancora alti. Situazione analoga questa volta anche per l’Italia, dove, anche se di poco, i numeri sono in aumento rispetto al primo episodio: da 2 milioni 494 mila euro a 2 milioni 684 mila euro. La trasposizione del terzo libro della saga (La rivelazione) è già in corso d’opera ed è prevista, salvo variazioni, per il 17 febbraio del 2017.
Tra i film che hanno svolto il loro dovere commerciale figura anche Southpaw, che vede il budget di 30 milioni di dollari già quasi ripagato dagli incassi americani (52 milioni di dollari). Gli altri mercati aggiungono altri 38 milioni di dollari, con punte significative solo in Gran Bretagna (12 milioni di dollari). In Italia ci si aspettava di sicuro qualcosa di più (un milione 214 mila euro), ma esce a inizio settembre senza probabilmente avere il tempo di intercettare la giusta fascia di pubblico.
Uno dei pochi titoli trasversali, in grado di intercettare sia il grande pubblico che gli spettatori meno inclini al mainstream, è stato Sicario, di Denis Villeneuve, che cerca di ammantare di personalità una storia abbastanza trita a tema guerra al narcotraffico contro i cartelli messicani. Presentato senza clamori in concorso a Cannes incassa 45 milioni di dollari sul mercato americano e altri 33 milioni dagli altri mercati, per un totale di quasi 80 milioni di dollari che ripaga ampiamente i 30 milioni di dollari di budget. In Italia fatica a imporsi. Il debutto è al sesto posto in 259 sale, ma la media non è eccelsa (€ 1.634); la seconda settimana scende in nona posizione e la media cala ulteriormente (€ 1.128). Terza settimana in caduta libera già fuori dalla top-20, per un totale abbastanza modesto che sfiora il milione di euro.
Vede, poi, finalmente, la luce del grande schermo Green Inferno di Eli Roth, dopo due anni dalla presentazione a Toronto, Sitges e Roma. Pare che all’origine del posticipo ci siano state controversie tra la Open Road e la Worldview Entertainment che si sono risolte solo ora. Distribuzione in grande stile, nonostante il rating R, con ben 1.543 sale negli U.S.A., per un incasso di 7 milioni 192 mila dollari. Pare che il film rientri tra quelli che molti vedrebbero se non si vergognassero di andare in sala e condividere la visione con altre persone, preferendo quindi una fruizione casalinga, magari in streaming. Un sentire che lo assimila al porno facendo riflettere sul legame tra sesso e violenza, spesso affiancati. In Italia la promozione è significativa e la distribuzione in 183 sale produce un incasso di 611 mila euro. A penalizzare il film è sicuramente il divieto ai minori di 18 anni che taglia fuori il target adolescenziale di certo incuriosito dal titolo. Nonostante il tanto parlare, comunque, e la distribuzione mondiale (tranne in Germania, dove passa direttamente in dvd, e in Francia, dove è distribuito in streaming), gli 8,6 milioni di dollari di incasso globale non sono in grado di coprire il budget modesto di 5 milioni di dollari. Roth è comunque già al lavoro sul sequel, Beyond the Green Inferno, programmato per il 2018.
EVENTI
Continuano a ottenere risultati positivi gli eventi, con punte davvero significative che confermano la validità della strategia in atto, tesa a concentrare in pochi giorni l’attenzione del pubblico.
Eccezionale il riscontro per Amy, il documentario diretto da Asif Kapadia sulla vita della cantante Amy Winehouse: in soli tre giorni feriali, dal 15 al 17 settembre, incassa 835 mila euro. Attraverso una programmazione normale, difficilmente avrebbe ottenuto un risultato simile, invece la scelta di creare un evento (molto pubblicizzato e a prezzo maggiorato) ha permesso all’opera di imporsi all’attenzione del pubblico. Succede qualcosa di simile per Roger Waters: The Wall, film-concerto del 2014 di 165 minuti, diretto da Roger Waters e Sean Evans e basato sul tour “The Wall Live” (2010-2013) tenuto da Waters. Anche in questo caso, infatti, dal 29 settembre al 1º ottobre, in tre giornate feriali, il pubblico è accorso in massa, consentendo un incasso record di € 972.524.
La Lucky Red, visto il successo ottenuto negli anni scorsi, continua a proporre i film dello Studio Ghibli scegliendo la formula dell’evento. I risultati, pur senza raggiungere gli entusiasmi di Si alza il vento (che forse con una programmazione normale avrebbe potuto superare l’eccezionale milione di euro ottenuto in soli quattro giorni), confermano l’interesse degli appassionati del genere: a fine agosto Quando c’era Marnie incassa in tre giornate feriali, dal 24 al 26 agosto, poco più di 305 mila euro (anche in Giappone, comunque, non ha fatto sfracelli), e la riproposizione di uno dei primi film di Hayao Miyazaki, Nausicaä della Valle del vento, ravviva tre giorni feriali (dal 5 al 7 ottobre) incassando anch’esso 305 mila euro.
Decisamente buono il riscontro anche per l’ennesimo Dragon Ball (il quindicesimo) intitolato Dragon Ball Z – 3d: La resurrezione di F che questa volta affronta un intero week-end (12 e 13 settembre), posizionandosi al quarto posto del box-office settimanale (520 mila euro in 238 sale), più la giornata di lunedì 14 settembre, dove si piazza direttamente al primo posto con 153 mila euro (ma come spettatori è battuto dai Minions che non hanno il prezzo maggiorato).
Non decollano, invece, le riedizioni di film ormai entrati nell’immaginario. La causa è sicuramente da attribuire al prezzo del biglietto. Per spingere lo spettatore a uscire di casa per vedere il film che magari ha in videocassetta o in dvd sulla mensola dietro alla televisione, difficile credere che possa essere una scelta vincente quella di proporre un prezzo maggiorato rispetto al normale biglietto. Con tutto il rispetto per un personaggio entrato a ragione nell’immaginario, ma chi spenderebbe 10 euro per vedere o rivedere il mitico Fantozzi? Pochi! E infatti nelle tre giornate a fine ottobre in cui è riproposto, incassa solo circa 50 mila euro al giorno. Non particolarmente titillante la frase lancio che parla di versione restaurata in 2K, non certo il massimo considerando gli standard attuali.
Diverso il caso del Ritorno al Futuro Day. Intanto perché l’appuntamento per i fan era irrinunciabile, visto che la data in cui è programmato l’evento è proprio il 21 ottobre 2015, il giorno in cui, nel film, i due protagonisti Marty e “Doc” arrivano nel futuro, ma anche perché si tratta di una versione inedita di 235 minuti dei primi due film della trilogia. In questo caso il prezzo maggiorato ci sta. E infatti è stato un successo: primo posto al box office giornaliero sia come incassi (510 mila euro) che come spettatori (50.141), distanziando di parecchio il secondo classificato Suburra (165 mila 820 euro per 32.743 spettatori).
La prima parte del Barometro, con un’analisi dettagliata delle prime 10 posizioni del Box Office stagionale, la potete trovare qui:
– I Trimestre stagione 2015 /2016: dal 01/08/2015 al 31/10/2015 – parte 1
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