Drammatico, Fantascienza

HUNGER GAMES: LA RAGAZZA DI FUOCO

Titolo OriginaleThe Hunger Games: Catching Fire
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Durata146’
Tratto dadal romanzo di Suzanne Collins
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Katniss e Peeta, su direttiva del presidente Snow, fanno il tour dei dodici distretti fingendosi innamorati. L’intento è sedare le rivolte in cui Katniss è assurta a simbolo, ma non funziona: il nuovo stratega del presidente, allora, propone di uccidere Katniss indicendo gli hunger games fra i vincitori delle edizioni passate.

RECENSIONI

Il regista Gary Ross abdica ma permane l’impronta umanistica: la protagonista è un parafulmine del totalitarismo con il dilemma dell’eroina indecisa fra servire il potere per evitare la guerra, fuggire con l’amato o assumersi la responsabilità della guida dei ribelli. Prende fuoco l’abito da sposa e s’avvera il titolo originale in un finale seria(l)mente monco e sottosviluppato nella certezza del seguito. Il potere, nei modi in cui tenta di contraffare la realtà, ricorda quello sovietico e disloca l’attenzione della massa dal simbolo della rivoluzione al rotocalco rosa, ergendosi a demiurgo/Dio (nel Cielo contro cui Katniss scoccherà la freccia) di una recita globale, fra censura, canovacci per le marionette e ambienti letteralmente pilotati. Sono molti i sottotesti interessanti accennati e non approfonditi (per quanto il colpo di scena finale sulla vera identità dello stratega sia gratuito, mette in circolo riflessioni sulla portata della manipolazione dell’immagine), troppo palesati (sprechi del ceto abbiente e popolo ridotto alla fame: Rivoluzione Francese) o colpevolmente omessi (le conseguenze sull’Io percepito di una diretta 24 ore su 24; la finzione/cinema resa realtà o svelata: non diventa metatestuale) ma di operazione votata alla spettacolarità e all’epidermide dei crucci si tratta e gli Hunger Games (“della Memoria”: con regole differenti per non ripetersi) hanno il doveroso spazio con antagonisti pittoreschi, set da Truman Show ed entrée alla Ben Hur. È curioso, poi, che con una formazione (nei video musicali) diametralmente opposta a quella di Gary Ross (ex-sceneggiatore), Francis Lawrence giri in modo molto più tradizionale, trovando sapori d’avventura classica meno coraggiosi ma più appropriati del predecessore che era alla ricerca, anche attraverso scenografie e costumi kitsch, della dimensione di plastica come riflesso di una cultura del reality: perde originalità ma acquista coerenza estetica nel contrapporre, con il realismo, la “verità” dei Distretti e l’artificio degli Hunger Games. Anche nel suo racconto qualcosa resta appeso senza maturare (ad esempio, non sa motivare l’attaccamento a Peeta di Katniss) ma dosa egregiamente spunti politici, pathos, azione e ironia sottile.