TRAMA
La giovane I-Rang cade apposta durante l’unica gara a cui si sentiva di partecipare, per paura di perdere la corsa contro la rivale Min-Jeong. Abbandonatasi all’ozio, da allora la ragazza non osa partecipare ad altre competizioni. Un giorno, da Seoul arriva Su-Min, che attira la sua attenzione. I-Rang la ammira per la sua unicità, il contrario della propria mediocrità. Quando si reca in un negozio per riparare la radio, conosce Cheol-Su e i due diventano amici.
RECENSIONI
Il lungometraggio d'animazione della sudcoreana MWP (Meditation With Pencil) affronta un tema molto caro alla cultura orientale: la difficoltà di crescere in un ambiente ostile e competitivo. La novità è rappresentata dalla volontà di staccarsi dalla logica dualistica che vuole l'umanità suddivisa tra vincitori e sconfitti. La protagonista è infatti una ragazzina di provincia in piena confusione ormonale che sente di non avere particolari attitudini e si rifugia dietro buone maniere e goffaggine in cerca della vera se stessa. Il confronto con una compagna di classe proveniente dalla grande città (Seoul), molto sicura di sé e incurante del giudizio degli altri, farà emergere insofferenze e timori, solo in parte colmate dall'amicizia con un coetaneo a suo agio soprattutto con i circuiti elettronici. Il film è tutto giocato sui movimenti impercettibili del cuore, sull'acquisizione di nuove consapevolezze, sulla ricerca da parte dei protagonisti di un proprio posto nel mondo in cui vivere e non solo sopravvivere. L'inquietudine dei personaggi procede con l’andamento lieve delle piccole conquiste quotidiane, lontano quindi dai grandi eventi, lasciati sullo sfondo, attento alle sfaccettature delle pulsioni in quell’età dove ogni interrogativo pare destinato a restare senza risposte davvero soddisfacenti. Le risposte, però, sembra suggerirci il film, sono già nella ricerca e sono proprio i fatti apparentemente insignificanti che finiscono per aggiungere elementi a quella che, attraverso e grazie alle esperienze, diventerà una personalità definita.
Non certo casuale l'ambientazione negli anni Settanta, filtrati da un’aura di ingenuità per accentuare il contrasto tra un prima, pacato e sereno, e un dopo in cui tutto cambierà, sia nei personaggi, con l’approssimarsi dell’età adulta, che nel paese, con la crescita economica e la repressione politica. L’evolversi dei tempi e la connotazione temporale vengono riflessi attraverso riferimenti cinematografici, grazie alle lacrime indotte dallo strappalacrime Love Story, che la protagonista consuma ripetutamente in sala, e a "Wonder Woman" che diverte in tv. Un modello d’oltreoceano destinato inevitabilmente a contaminare sogni e aspirazioni. Il film è tutto qui e non sarebbe affatto un male se le intenzioni non offrissero più spunti rispetto al risultato. L’opera procede infatti timida e delicata come i personaggi che mette in scena, ma rasenta l'inconsistenza, soffermandosi eccessivamente su imbranataggini e titubanze. Non riesce quindi a rendere universali, interessanti e coinvolgenti le dinamiche dei personaggi e per trasmettere ciò che vuole comunicare sceglie la strada assai discutibile della spiegazione. Al riguardo, tutta la parte finale che parte dai dinosauri per trasfondere la peculiarità di ognuno e l’importanza del singolo sentire, interrompe la narrazione senza un vero perché e appare eccessivamente didascalica. Anche l'animazione non si distingue per fluidità, faticando a sradicare l'idea della Corea del Sud come succursale low-cost degli studi di animazione giapponesi. Improprio il paragone con il poetico, e di ben altro spessore, My Beautiful Girl, Mari di Sung-gang Lee.
