TRAMA
Genova: i soci lo sbattono fuori e lui ha il coraggio di rivelare alla moglie che è senza soldi solo dopo due mesi. Inizia la loro discesa in un’indigenza relativa, per una coppia abituata a standard di vita molto alti.
RECENSIONI
Soldini torna al dramma, non quello letterario di Brucio nel Vento, non quello simbolico e caustico di L’Aria Serena dell’Ovest, né quello malinconico e morale di Un’Anima Divisa in Due: cerca un realismo tanto inedito per lui quanto edito da altri, che pedina i personaggi nel quotidiano, s’affida al loro essere “veri” e pensa alla sineddoche senza urlarla, dove la crisi di coppia rimanda ad una precisa situazione politico-economica di un Paese senza più sicurezze. Un realismo che, più che non appartenergli, non evidenzia quelle che sono le sue doti migliori, di affabulatore rarefatto ed evocativo ad incastri e, al contempo, è messo proprio da queste in crisi: come se Soldini avesse lavorato di sottrazione ad una prima stesura in cui situazioni e personaggi erano emblematici, facendo poi finta di affidarsi alla casualità del Reale. Alla fine ci sono sottintesi non sviscerati (la coppia altoborghese viziata; il denaro come metro di felicità; il pregiudizio verso le nuove generazioni) e lirismi e schemi che falsano il realismo. Funziona perché il racconto coinvolge nella sua spirale discendente matarazziana; perché il disegno dei due protagonisti in antitesi (pragmatica vs. idealista) è intrigante; perché sono generosi i momenti “veri”, soprattutto grazie alla fresca prova di Alba Rohrwacher e ad una magnifica Margherita Buy (se non è “vera” quando canta stonata Nada!), mentre Albanese non è a proprio agio, non riesce a passare, recitando, dalla cattiveria esasperata alla dolcezza sentita (ma sa far sorridere nella tragicommedia: l’imbarazzante incontro con la figlia quando fa il pony express! L’orgoglio ritrovato quando dice all’ex-socio: “Io sono nella merda, ma tu sei una merda!”). Il finale riconferma l’incertezza: un lirismo posticcio che rincorre l’ottimismo pensando ai racconti di Alice Munro. Sempre preziose le musiche di Giovanni Venosta.