TRAMA
Praga, 1919. L’impiegato assicurativo Kafka indaga sulla morte di un collega. Lo avvicinano dei sovversivi (gli “anarchici”) che combattono contro il “Castello”, centralina della burocrazia e di misteriose soverchierie.
RECENSIONI
La vita di Kafka e l'aggettivo "kafkiano" si fondono e confondono in un affascinante stile espressionista, incubale, oppressivo ed angosciante, complici l'esacerbata fotografia on location a Praga di Walt Lloyd e il visionario design. Girato con espressivi differenti, che possono essere ricondotti al barocco/decadente della vita quotidiana, all'espressionismo per ritrarre gli anarchici e ad una sorta di costruttivismo russo nelle scene ambientate nel castello, folgora nel bianco e nero e nei virtuosismi gigantisti wellesiani (vedi l'occhio ingigantito dalla lente che richiama Rapporto Confidenziale). Il formalismo e la cura per il dettaglio iconografico sovrastano la sostanza del contenuto tematico ed il ricamo drammaturgico ai fini del senso. Ancora una volta Soderbergh preferisce operare a livello subliminale, sulle sensazioni epidermiche, con due piani di lettura che faticano ad entrare in simbiosi: quello "lineare", con il giallo che sfocia nel fantahorror (citando il Brazil di Terry Gilliam) e delude nel momento in cui l'orrore viene materializzato; quello simbolico, alla ricerca della claustrofobia socio/politica/esistenziale appartenente Kafka. Nonostante il brusco cambio di stilemi rispetto alla propria opera d’esordio, resta centrale in Soderbergh il tema della confusione emotiva del singolo di fronte ad una rete di menzogne che annichilisce il proprio bagaglio conoscitivo.