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- Gavin Coleman
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TRAMA
Viaggio nel mondo arabo e alle radici del terrore americano.
RECENSIONI
Dal regista del sopravvalutato Super size me un film che, come il precedente, procede sui binari dell'inchiesta condotta sulla pelle del protagonista che, scherzando sulla possibilità di ricercare e trovare l'inafferrabile Osama, dopo aver debitamente parodizzato i corsi di autodifesa e di addestramento necessari per le missioni impossibili, ci conduce di persona nel cuore del mondo arabo mostrandoci che, guarda un po', questi popoli, come cantava Sting, love their children too. Un'operazione che ha il chiaro intento di umanizzare l'immagine stereotipata degli Arabi consegnata dai grandi media all'Occidente, un'immagine che rischia di deformare la considerazione e il concetto di una cultura e di un territorio e che l'autore ci tiene molto a normalizzare.
L'intento viene portato avanti con la oramai assodata faciloneria e mischiando il pubblico al privato (negli USA intanto la compagna del regista porta avanti la sua gravidanza, che è motore pretestuoso della spedizione - assicurare un futuro migliore al nascituro - evento elevato a ovvio simbolo di speranza).
L'ideuzza di partenza viene dilata per novanta interminabili minuti in cui vediamo il Nostro passare da un Paese all'altro (ogni nazione un capitolo, sostanzialmente identico al precedente): Spurlock arriva, guarda, indaga su alcuni aspetti della quotidianità locale, intervista qualcuno - gente comune, parenti di terroristi, rifugiati, accademici, politici - , riparte), fino al fatidico confine tra Pakistan e Afghanistan con la visita all'ultimo nascondiglio noto che ha ospitato Bin Laden.
Lavoro inconsistente, di buonismo scontato, che non fa nemmeno simpatia, per quanto Spurlock ci provi in ogni modo a farci sorridere.
