
Inaugurato il 6 novembre 1922, il Palace Theater è un gioiello architettonico incastonato nella corona di Playhouse Square, il distretto dei teatri situato al centro di Cleveland. L’impresario Edward Albee lo battezzò originariamente Keith Theater in onore del suo compianto socio in affari B.F. Keith, con il quale Albee aveva creato un vero impero nel mondo dell’intrattenimento. Costato all’epoca tre milioni e mezzo di dollari, il Palace ha ospitato spettacoli di vaudeville per circa trent’anni, alternandoli sempre più frequentemente a proiezioni cinematografiche, che inevitabilmente arrivarono a dominarne la programmazione fino alla chiusura temporanea, il 20 luglio 1969, per il malfunzionamento dell’impianto di aria condizionata. Fu riaperto solo nel 1973 per iniziativa della Playhouse Square Foundation, e due successive opere di restauro nel 1982 e nel 1988 lo riportarono agli antichi splendori, restituendolo al pubblico di Cleveland. Nel 1978 tutto il complesso di teatri e cinema di Playhouse Square, incluso il Palace, venne iscritto nel National Register of Historic Places.
Ancora oggi la lobby (“Great Hall”) e l’auditorio del Palace sfoggiano bianchissimi marmi di Carrara e pannelli in legno di gelso rosso che furono personalmente selezionati da Albee, insieme a oltre trenta dipinti originali di autori del calibro di Corot, Poussin, e Sully. L’illuminazione è fornita da 154 lampadari. Originariamente il teatro poteva ospitare ben tremila e cento spettatori, ma l’invenzione del Cinerama richiese l’estensione della cabina di proiezione e quindi ben milleottocento posti vennero sacrificati negli anni cinquanta. Nella sua conformazione attuale, il Palace siede duemila settecento spettatori.
Il 4 agosto 2012 ho assistito a una proiezione di Breakfast at Tiffany’s (Blake Edwards, 1961) at Palace Theater, preceduta da un piccolo recital di musiche tratte da classiche colonne sonore eseguita interamente su un organo Kimball del 1927. La particolarità di questo strumento è il fatto che consente ad un solo musicista di imitare una vera orchestra grazie alla sua versatilità. Composto da ben diciassette set di canne, il Kimball include anche uno xilofono, un Glockenspiel, e una serie di percussioni e piatti. Con il suo enorme schermo di sei metri per quattordici, il Palace si presta molto bene ad ospitare film di repertorio come la classica commedia romantica di Edwards. Peccato per il sonoro, non all’altezza della magnifica cornice offerta dal teatro, e per la qualità della copia del film, piuttosto graffiata e con pessime giunture in alcuni punti.
Il Little Cinema Movement, inaugurato nel 1925, prescriveva che cinema e teatri ad esso aderenti esibissero solo pellicole di qualità artistica e rilevanza culturale, e che facessero appello ad un pubblico intelligente e sofisticato. Il Little Theatre di Rochester, città in cui sono stabiliti i quartieri generali di colossi industriali quali Eastman Kodak e Bausch and Lomb, fu creato sposando questa filosofia elitaria e tristemente anacronistica. Concepito principalmente per il cinema muto con accompagnamento di musica dal vivo, il Little si trovò presto a fare i conti con l’ascesa inarrestabile del sonoro e con l’appeal popolare del mezzo cinematografico. L’impresario teatrale Albert A. Fenvyssey svolse un ruolo fondamentale nell’aiutare i proprietari, l’imprenditore Francis Kirk Remington e signora, a navigare la transizione fra muto e sonoro. Fenvyssey convinse la coppia a lasciare la direzione artistica del cinema a sua figlia, Florence Fenvyssey Belinson, che attraverso una politica imperniata sulla costruzione di una comunità di cinefili e sul decoro degli spettacoli, riuscì a tenere aperte le porte del Little anche durante i difficili anni della Grande Depressione.
Come tutti i cinema però, anche il Little ha dovuto affrontare la crisi che è seguita all’avvento della televisione, specialmente negli anni cinquanta e sessanta. Per la rinascita si è dovuto aspettare il 1982, anno in cui William Coppard e John e Pam Blanpied hanno acquistato il teatro e hanno intrapreso una profonda opera di restauro, che ha portato perfino alla creazione di nuovi schermi in palazzi adiacenti, precedentemente occupati da un gommista e da un carrozziere. È così che nel 1994 nascono gli altri quattro schermi e l’accogliente caffetteria. Dal 1999 il Little è un’organizzazione no-profit che si propone di continuare la missione originale del Little Cinema Movement, proiettando film indipendenti e stranieri.
Progettato dagli architetti Edgar Phillips e Frederick Pike, ancora oggi la facciata e la lobby del Little conservano le decorazioni in stile Art Deco del 1929, anno della sua apertura. Il botteghino è anch’esso originale, e così la specchiera che fa anche da bacheca e contiene i poster per i film di prossima apertura. Tutti i cartelli, anche quelli all’interno del Little 2-3-4-5, sono in stile. Domenica 12 agosto 2012 ho assistito a una proiezione della deludente dramma/commedia Intouchables (Olivier Nakache e Eric Toledano, 2011) al Little e ho potuto constatare che anche l’impianto sonoro di questo teatro, come quello del Palace, ha bisogno di essere aggiornato.
Aperto il 22 Agosto 1922, il Music Box Theatre è un vero Movie Palace, ovvero un cinema creato appositamente per la proiezione di pellicole, e non un teatro convertito successivamente, come invece è il Palace di Cleveland. Capace di ospitare ottocento spettatori, il Music Box è uno dei più piccoli ed intimi fra i suoi contemporanei. Mostrando lungimiranza e praticità, l’architetto Louis A. Simon si curò di provvedere il teatro di una buca per l’orchestra e di una stanza per l’organo; la dotazione si rivelò utilissima, perché consentiva di esibire pellicole mute accanto a quelle sonore senza dover stravolgere la conformazione della platea. Ancora oggi un biglietto al Music Box assicura un breve spettacolo musicale che precede la proiezione, suonato con grande maestria su un organo elettronico manuale a tre tastiere di fabbricazione Allen.Le elaborate decorazioni della sala rispecchiano lo stile atmospheric: torri, colonnati e logge ornate di piante rampicanti adornano le mura, ed il soffitto è dipinto di un blu scuro sul quale brillano luci che emulano un notte stellata. A completare l’atmosfera sono le nuvole, che vengono proiettate da una cabina posta sul retro della sala. L’effetto è quello di un cinema all’aperto in una notte estiva perennemente calma e accogliente, anche durante i rigidissimi inverni di Chicago. Caduto in disgrazia fra il 1977 e il 1983, il Music Box è stato restaurato dalla Music Box Theatre Corporation, ed oggi sfoggia un equipaggiamento tecnologico all’avanguardia che include perfino proiettori a 70mm e in 3D.
Il 17 agosto 2012 ho avuto il privilegio di assistere a una proiezione di Three Strangers (Jean Negulesco, 1946), film inaugurale della rassegna Noir City: Chicago, giunta alla quarta edizione. L’enorme schermo del Music Box e il sonoro impeccabile hanno esaltato le qualità di un intrigante film creduto perso per sempre, e restaurato dalla Film Noir Foundation in una luminosissima nuova copia in 35mm. In Three Strangers Le qualità plastiche di Peter Lorre e la nervosa sensualità di Geraldine Fitzgerald esaltano una sceneggiatura di John Huston e Howard Koch in cui il destino punisce la cupidigia dell’uomo, premiandone invece la lealtà e la perseveranza, anche se in relazione ad attività criminali.