TRAMA
In un paese immaginario in piena guerra civile e segnato dalla dittatura, un gruppo di persone tenta di sopravvivere combattendo, e poi di fuggire.
RECENSIONI
Spari a vuoto
Tipico esempio di cinema insopportabile. Non tanto nel contenuto, quanto nella forma. La storia prende l'avvio dal ritorno di un uomo nella propria città per incontrare la donna amata. Ma sceglie la notte sbagliata perché è in atto una sorta di colpo di stato in cui una dittatura sembra farsi strada, forze armate si contrappongono e nulla pare avere più senso. L'unico obiettivo diventa quindi salvarsi. Attraverso le immagini la via crucis del protagonista diventa uno sterile susseguirsi di incontri con figurine urlanti da teatro sperimentale irrimediabilmente datato. Dovrebbero indurre alla riflessione l'inaffidabilità di ognuno, la decadenza dei luoghi, l'insensatezza degli eventi, l'incurabile malinconia a cui sembrano abbandonarsi i tanti personaggi? Purtroppo nulla di ciò accade a causa dell'incapacità del regista Werner Schroeter di avvicinare lo spettatore a caratteri e stati d'animo e di introdurlo alle dinamiche dell'azione. Ciò che stride maggiormente, però, è proprio l'inefficacia della messa in scena, teatrale e compiaciuta di esserlo, con un afflato apocalittico il cui massimo riferimento sembra essere Joan Lui di Adriano Celentano (senza i lustrini del varietà, però), tanto gridata quanto distante. Di banalità in banalità, tra dialoghi che non arrivano da nessuna parte e personaggi che si limitano a cercare chi non è in scena, le immagini allusive si sprecano: il venditore di palloncini che cade a terra lasciando volare la sua merce; la bambinella che si aggira cercando mamma e papà; la vecchia che suona il piano di notte nell'albergo semideserto. Tutti stereotipi che oramai nessuno si sogna più di rappresentare tanto sono triti. L'assurdità del potere, la desolazione delle istituzioni, il dilagare della corruzione, l'assenza di fiducia nel prossimo, l'impossibilità di fuggire le pulsioni, il tentativo di approfondire la complessità della natura umana, restano tutte intenzioni a cui la visione non è in grado di rispondere. E il film si conclude senza speranza per i personaggi e con poca speranza per un cinema che si rivela anacronistico e incapace di comunicare.
