Recensione, Supereroi

X-MEN

Titolo OriginaleX-Men
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2000
Genere
Durata104'
Sceneggiatura
Scenografia

TRAMA

Wolverine, Jean Grey, Tempesta, Ciclope e la nuova adepta Rogue sono gli X-Men, mutanti al servizio del Professor X, che pensa di poter individuare una via di convivenza con gli umani. Il team deve vedersela con Sabretooth, Mystica e Toad, altri mutanti capitanati da Magneto, potentissimo signore del magnetismo, che e’ pronto a scatenare una guerra con l’umanita’ per la propria salvezza.

RECENSIONI

Bryan Singer ha finora dimostrato, nella sua breve ma prestigiosa filmografia, di preferire il lato oscuro dei personaggi che racconta, analizzando con arguzia le contraddizioni che non portano a scelte "giuste" o "sbagliate", ma a un compromesso di variabili comportamentali che si avvicina piu' alla psicologia che all'immaginario a cui il cinema, soprattutto di largo consumo, ci ha da tempo malamente abituati. Non poteva essere una scelta piu' adatta, quindi, quella di dirigere un blockbuster tratto dalla celebre serie di fumetti degli anni '60 di Stan Lee, in cui i protagonisti sono supereroi mutanti in cerca di equilibrio tra il talento della loro diversita' e la necessita' di essere riconosciuti dalla collettivita' prima di tutto come persone, con pensieri e sentimenti. In mano a una altro regista il solito scontro tra bene e male si sarebbe potuto trasformare in un'accozzaglia di battaglie e gratuiti effetti speciali. Bryan Singer, invece, pur rispettando l'impatto spettacolare del fumetto, predilige l'aspetto psicologico dei supereroi, il loro bisogno di sentirsi riconosciuti per quello che sono, senza finzioni o mediazioni, le difficolta' di accettare la propria natura mutante in un mondo di apparentemente uguali. Il merito, oltre alla regia che calibra con efficacia azione e storia, e' della sceneggiatura, che riesce nel difficile tentativo di caratterizzare i tanti personaggi e, pur mantenendo un tono brillante (finalmente si ride di gusto a qualche battuta), pone problematiche forse facili, ma non banali, sulla comunicazione, attuali negli anni sessanta come oggi. Gli effetti speciali e il trucco risultano in bilico tra il trash e la raffinatezza tecnologica, ma hanno il pregio di non prevaricare i personaggi. Gli interpreti sono efficaci, in particolare Hugh Jackman nei panni di Wolverine, che segue la strada del ruvido muscoloso non palestrato, riaperta con successo da Russell Crowe ne "Il gladiatore".

Finalmente una trasposizione cinematografica all'altezza della fama dei mitici eroi dei fumetti "Marvel". La produzione (di cui fa parte Richard Donner, regista di Superman), affidando la regia a Singer (I Soliti Sospetti) ha alzato ulteriormente gli standards di qualità dell'operazione: il regista ripropone, in un ruolo simile, il McKellen nazistoide de L'Allievo e sorprende con un'apertura ambientata in un campo di concentramento del 1944, che dà già la misura di quello che sarà la pellicola, non un'avventura disimpegnata e grossolana dove gli effetti speciali la fanno da padroni, bensì un pregevole alternarsi d'azione ed analisi dell'intolleranza innata nel genere umano, dando ampio spazio alla definizione di alcuni caratteri (soprattutto Wolverine, interpretato con convinzione dall'australiano Jackman) e ai sentimenti di timore e speranza che nascono nell'animo del "diverso". Singer, oltretutto, cerca di calare questi "supereroi" nella realtà, demistificandone l'epica, rendendoli credibili sia come personaggi che come esseri dotati di super-poteri. A ciò servono le battute ironiche sui ridicoli soprannomi che si danno e sulle calzamaglie che, nei fumetti (non qui), indossano. Gli stessi effetti speciali evitano una sovreccedenza di animazione digitale (che di finto sa sempre) preferendo inscenare duelli "fisici" acrobatici e strabilianti make-up. Un fumetto adulto, quindi, che, nella seconda parte, lascia più spazio all'azione ma non evita di scadere nella banalità e di perdere alcuni intriganti chiaroscuri delle premesse. La parte finale è spettacolare ma scontata e l'apertura ad eventuali seguiti riporta bruscamente l'opera negli ingranaggi più mercantili.