
TRAMA
La storia di una comunità di afroamericani di Baton Rouge, Louisiana, durante il critico mese di luglio 2017, quando una serie di eventi violenti scosse l’intero paese. Nel periodo 5-17 luglio, Baton Rouge è teatro dell’uccisione di un giovane nero di nome Alton Sterling, del successivo scontro tra la polizia e i manifestanti che condannano quell’uccisione, e della ritorsione contro la polizia per mano di un militante del movimento “Black Lives Matter”, conclusasi con la morte di tre agenti di polizia e il ferimento di altri tre.
RECENSIONI
Quello di Minervini è un cinema fatto di persone che diventano personaggi, e viceversa. Il regista marchigiano, ormai saldamente radicato negli States, crede fermamente in un lavoro di ricerca e di scoperta, che prendono vita quasi in itinere mentre lui dietro la macchina da presa segue il flusso degli eventi nel modo meno invasivo possibile. Servono persone reali per dare forma a questo progetto, serve un microcosmo che si faccia sineddoche e metafora di un disegno politico-sociale-culturale più ampio che trasporti la storia nella Storia. Ma, al contempo, Minervini – a differenza di altri documentaristi che fanno coincidere il concetto di verità con quello di impersonalità – è anche un esteta: non disdegna una certa cura tecnica d'insieme, dalla fotografia pittorica all'inquadratura elaborata e arty. La malata di cancro che sceglie un taumaturgo per curarsi di The Passage (2011), il ragazzino che trascorre le giornate da solo di Low Tide (2012), l'adolescente contadina che entra in crisi di Stop the Pounding Heart (2013), il tossicomane emarginato di Louisiana (2015), sono tutti esseri umani che si muovono al confine fra documentario e finzione, che sembrano frutto di una ramificata sceneggiatura e che invece sono veri ed esistenti (e, ancora una volta, viceversa). Da testimone privilegiato Minervini compie un gioco di prestigio, narrandoci un'ordinarietà che diventa straordinaria, spiegandoci una parte di America che lui ormai conosce ma che per la maggior parte di noi è inedita e inaspettata.
Dopo una manciata di film ci sembra di poter dire che ciò che rende davvero la sua opera unica e incredibilmente riuscita sia il non comune talento di saper scommettere sempre sui volti giusti, su protagonisti con un vissuto stratificato e originale con cui entrare (lui e noi spettatori) in sinergia. Tutto questo per dire che di fronte a What You Gonna Do When the World's On Fire? si provano sentimenti contrastanti: perché se da un lato c'è il solito Minervini, ben riconoscibile e fedele ai propri stilemi, dall'altro c'è un lavoro molto meno coeso e completo rispetto al solito, molto meno convincente e solido. Fosse un brutto film diremmo raffazzonato, ma What You Gonna Do When the World's On Fire? non è per nulla un brutto film e quindi diciamo frammentato: dando fiducia alla barista Judy che combatte contro la gentrificazione, ai giovani fratelli Ronaldo e Titus che bighellonano per la periferia della città, al nativo americano Big Chief Kevin Goodman che canta e cuce per tenere vive le proprie radici e ad un gruppo di New Black Panthers in protesta per l'uccisione di Alton Sterling per mano di due poliziotti, l'autore si ritrova per le mani un materiale evidentemente meno ricco rispetto al passato.
Si opta dunque per l'accumulo e l'iterazione di scene e situazioni, in una coazione a ripetere perpetua di due ore che non solo non approfondisce quasi mai, ma che fa perdere anche di vista lo spirito e l'obiettivo iniziale: ragionare sul razzismo e sulla mancanza di uguaglianza negli Usa, mostrandoci come, in un “mondo in fiamme”, tutto per gli afroamericani sia più complesso e meno scontato. Questa sorta di superficialità, di debolezza, risulta più lampante nelle sequenze in cui l'obiettivo di cui sopra viene centrato in pieno: il dialogo fra i due fratelli sul concetto di razza, ad esempio, in cui il più piccolo dei due ignora le discriminazioni e il perché un colore della pelle sia migliore di un altro; e ovviamente il tafferuglio finale fra una frangia di militanti Black Panther e la polizia, filmato ad un passo dagli eventi come fossimo presenti allo scontro. Va da sé che l'intenzione di Minervini, cristallina, non si tocca: What You Gonna Do When the World's On Fire? è una pellicola coraggiosa che affronta un discorso politico delicatissimo, in un momento storico in cui è necessario decidere da che parte stare. Ma la distanza c'è, è tangibile, e sfuma il risultato finale: questa non è la battaglia del texano d'adozione Minervini, e probabilmente per la prima volta il fatto di essere un osservatore privilegiato degli eventi si rivela un limite e non un vantaggio.
