Drammatico, Recensione, Sentimentale

WASHINGTON SQUARE

Titolo OriginaleWashington Square
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1997
Durata110’
Sceneggiatura
Tratto dada Henry James
Fotografia
Scenografia

TRAMA

New York, fine ottocento: un giovane avventuriero fa la corte alla goffa e ricca figlia di un medico, il quale è convinto che il ragazzo sia solo a caccia di dote.

RECENSIONI

Da un romanzo di Henry James, già portato sullo schermo con più eleganza, spessore e atmosfere da William Wyler nel 1949 (L'Ereditiera): Agnieszka Holland abbozza un'opera goffa e sgraziata come la sua protagonista, incespicando spesso nel ridicolo involontario, indecisa sul registro da adottare (grottesco, tragico, favola o melodramma sentimentale), incapace nel restituire i fremiti, la sostanza, lo studio psicologico e d'ambiente delle pagine dello scrittore. È un film "imbarazzato" (i due amanti impacciati, la zia) che si fa imbarazzante nel momento in cui manca di misura: l'entrata della bimba paffutella, ad esempio, “rotola” strampalato, non restituisce il candore del "diverso" o la sana impulsività compressa da un'educazione rigida; la mimica di Maggie Smith è troppo caricata; la timidezza patologica della protagonista è talmente grossolana da rendere incredibile la sua seguente trasformazione, in cui acquista consapevolezza e tiene testa al padre autoritario. Quest’ultima mutazione, se non altro, migliora anche il film e libera Jennifer Jason Leigh da un personaggio scomodo, permettendole finalmente di mostrare tutta la propria bravura d'attrice drammatica. Albert Finney, invece, è una certezza dall'inizio alla fine. La regista "mostra se stessa" con il piano sequenza iniziale, con la scena in cui padre e figlia scalano le rocce in Europa (che ne richiama una simile in Poeti dall'Inferno) e con un finale allegorico e ambiguo: dal volto malinconico della Leigh, l’inquadratura passa a quello candido della bimba (l'innocenza perduta), mentre, durante la dissolvenza, intravediamo un contraddittorio sorriso della protagonista.