LAMAR+NIK, proseguono sulla strada dell’orgogliosa indipendenza, con le loro operine tutta inventiva e poco budget. Una filosofia e un modo di interpretare l’arte applicata della videomusica che è anche alto esempio: quando ci sono idee e talento, i limiti diventano una risorsa. Così dopo Reds e Magnolia eccoci a Never going back.
L’assunto è semplice quanto efficace e la sua realizzazione documentata in questo fulmineo making of: circa quattromila fotogrammi di Samantha Crain, ripresa mentre canta su uno sfondo bianco, vengono stampati e ritagliati a mano. Disposti in un circuito, vengono ripresi con un piano sequenza, sincronizzato con il brano. La fotografia è del fido Spenser Sakurai.
Ai due registi (nelle immagini di seguito, dopo il tournage del video) ho rivolto un paio di domande.
Vedremo mai un video di LAMAR+NIK in CGI?
Vedrete un video in CGI di LAMAR+NIK se si rivelasse assolutamente necessario. Pensiamo che la maggior parte delle volte ci sia un modo pratico per fare qualcosa ed è questa la prospettiva che adottiamo quando intraprendiamo un progetto. Non possiamo dire che non useremo mai la CGI o gli effetti visivi, ma essi non costituiranno sicuramente la parte più importante del video. La nostra convinzione è che questi ritrovati siano giusti come miglioramenti, ma non possono essere la base esclusiva di un’idea. Se imperniassimo tutto il video sugli effetti speciali o la CGI questa soluzione, a nostro avviso, toglierebbe della magia.
A un anno esatto dallo splendido Paradise torna Shynola con How Long? per gli How To Destroy Angels, il progetto di Reznor & Ross. Cupissimo lavoro, ambientato in un distopico futuro post-apocalittico, racconta di un ragazzo che si muove come un selvaggio in una landa grigia e deserta, e che, dipintosi il corpo, quasi preparandosi a una caccia o a un combattimento, diventa feroce assassino avendo individuato un sopravvissuto al quale rubare cibo ed oggetti utili. Il brano si chiude prima del finale, il silenzio sottolineando il momento in cui il protagonista, raggiunta nel suo covo la madre morente, le dà il sollievo di un sorso d’acqua.
Quando il collettivo inglese si muove, lo fa sempre con piena cognizione di causa e anche se i riferimenti sono piuttosto evidenti (tutto il filone cinematografico post-atomico, da Mad Max fino a The Road), il lavoro si rivela fortemente caratterizzato nella sua compattezza narrativa, nella felice condensazione delle tappe salienti, nelle sue istanze visive – la violenta fotografia di Robbie Ryan virata in un asfissiante indaco, gli occhi dei protagonisti unico elemento lucente, marchio della catastrofe subita -.
I registi hanno comunque dichiarato che una forte ispirazione proviene da La fontana della vergine di Bergman di cui amano la luce oppressiva e la semplicità biblica della storia (Of course compared to Bergman, Shynola are shit, but, y’know, you keep trying, hanno ironicamente concluso).
Voto: 8
Continua la saga di Yoann Lemoine/Woodkid, ma al terzo episodio il ciclo comincia a mostrare un po’ la corda. Nulla da eccepire sul dato formale, sempre di assoluto livello: la contrastata fotografia di Arnaud Potier è un bianco e nero al solito prodigiosamente ricco di toni, non mancano le suggestioni e qualche sparsa sontuosità, ma si comincia ad avvertire uno strano puzzo di esercizio: il video, narrativamente debole, gira a vuoto, la scena subacquea, con tanto di coreografia cetacea, sembra più una trovatina che una soluzione pregna di senso. I Love You avvalora il sospetto che Lemoine lavori meglio per gli altri, che il regista, per i video del suo progetto musicale, conti un po’ troppo sull’atmosfera, ma che non abbia una solida struttura alla quale rifarsi, fidando solo su qualche elemento ricorrente e su un registro visivo che, per quanto riconoscibile e di alta fattura, non basta sempre a garantire il risultato.
Voto: 5
Cos’è per voi il low budget? Un vincolo? Una sfida? Una poetica?
Nei primi tempi abbiamo lavorato su video non ricavandone nulla, progetti in cui acquistavamo tutto di tasca nostra. All’epoca stavamo cercando di costruirci un’immagine e un nome. Il budget può essere visto come il più grande dei vincoli, ma se davvero ambisci a ottenere qualocosa alla fine ci riesci. Non abbiamo mai voluto essere finanziati per creare delle idee, in primo luogo perché questo credito non l’avevamo ancora guadagnato: eravamo solo due universitari. Molto spesso i nostri compagni registi si impegnavano strenuamente ad avviare un progetto su Kickstarter oppure a raccogliere fondi, quando in realtà, nello stesso tempo che impiegavano a dire e fare quelle cose avrebbero potuto portare a termine i loro progetti. E’ per questo che la strada che abbiamo deciso di intraprendere è stata quella di un lavoro che ci sembrasse di qualità e fatto con ciò che avevamo a disposizione. Certamente ci sono delle idee che non possono essere realizzate senza un po’ di soldi e siamo grati di avere l’opportunità di fare video che sono supportati da un budget, ma non pensiamo che avremmo smesso di creare nel caso in cui non lo avessimo avuto. Alla fine fare film riguarda la passione e se sei appassionato di qualcosa lo persegui indipendentemente dal budget.
Una nuova stagione video ha dunque inizio…