TRAMA
Un’astronave appartenente alla società di bioingegneria Life Foundation scopre una forma di vita aliena e la porta sulla Terra. Il capo della fondazione, Carlton Drake, la vorrebbe ibridare con gli esseri umani ma la situazione, prevedibilmente, degenera.
RECENSIONI
Tra le cose buone che la Marvel aveva dimostrato di saper fare, c’è la stratificazione dei toni. C’è il MarvelMovie classico con ironia carsica che non ne intacca l’epicità (gli Avengers), c’è quello più schiettamente comico, che pure riesce a ritagliarsi un suo ruolo organico all’interno dell’Universo Espanso (I Guardiani Della Galassia) e c’è il personaggio divergente, VM18, che sfonda la quarta parete del multisala e dissacra se stesso e la Marvel tutta (Deadpool) senza tra(sgre)dirla troppo. In mezzo, tutte le possibili modulazioni di mood, spesso affidate alle produzioni esplicitamente minori (Ant-Man). Poi c’è Venom. Che sembra non azzeccarne una. Strutturalmente, è bipartito in una prima sezione sfilacciata (e noiosa) ma dark e una seconda che si riconduce a più miti (e ironici) consigli. Ma non sembra esserci decisione né in una direzione né nell’altra, direzioni che pure stridono e tolgono organicità al tutto. Mancanza di decisione che inquina (meglio: annacqua) anche la costruzione del/dei personaggi. A partire dal protagonista che dovrebbe essere duale e conflittuale ma che finisce per somigliare a una specie di strana coppia virata al Cinecomic, con una generale edulcorazione che, rispetto al fumetto, toglie carattere sia a Eddie Brook che allo stesso parassita alieno. Il primo perde per strada tutte le sue sfaccettature più scomode e sgradevoli, il secondo viene depotenziato e derubricato a loser from outer space. Non stupisce che Tom Hardy appaia spaesato per tutta la durata del film e non sappia dare una personalità a un personaggio che ne è stato irrimediabilmente privato dalla sceneggiatura mentre il villain, Carlton Drake, è quello che una volta veniva definito “cattivo da fumetto”, bidimensionale, del tutto privo di fascino. Regia invisibile, effettistica digitale altalenante, con sprazzi da primi anni zero.