VELOCI DI MESTIERE

Mosca bianca nella prima produzione cerebrale-horror di David Cronenberg, non è (del tutto) un’opera su commissione (la sceneggiatura era preesistente ma, come sempre, ha visto anche il suo apporto), né una mera marchetta commerciale, per quanto il regista abbia dichiarato di avere girato il film per denaro e per affermarsi come professionista affidabile (le scene di corsa, anche in soggettiva, sono pregevoli). Cronenberg, oltretutto, è appassionato di motori, ha gareggiato e aveva già girato l’episodio Macchina Italiana per la serie Tv “Teleplay”, su di una Ducati 900 Desmo SuperSport. Consapevole fosse la meno personale, non ha comunque mai rinnegato un’opera in cui s’è divertito a plasmare certe icone grossolane del mondo sportivo delle gare (donne/motori/birra) e quelle tipiche dell’exploitation del B-movie da Drive-in, nel sotto-filone “giovanilistico-ribelle” degli anni settanta, con tanto di colonna sonora rock (in questo caso, davvero mediocre). La sua propensione a privilegiare i caratteri e le loro relazioni in luogo dell’azione (anche) ammiccante, non si cura però di una trama dozzinale, esposta con drammaturgia sussultoria o spossante, con dinamiche rese per segni superficiali in un contesto dove è bandito l’approfondimento psicologico. Il tutto è mitigato dal suo tentativo di restituire, in modo (ancora) pseudo-documentaristico, quest’universo a sé di auto dragster. Se non altro, ha avuto l’occasione sul set di conoscere quelli che diventeranno suoi collaboratori fissi, il direttore della fotografia Mark Irwin, la scenografa Carol Spier, il montatore del suono Bryan Day, il direttore del montaggio Ronald Sanders e l’attore Nicholas Campbell. Ultimo film della playmate Claudia Jennings (paradossalmente, morta poco dopo in un incidente d’auto).