Drammatico, Recensione

UV

Titolo OriginaleUV
NazioneFrancia
Anno Produzione2006
Durata97'

TRAMA

In piena estate, Boris, un giovane fascinoso e dai modi seducenti, compare senza preavviso nella villa della famiglia Chassagne, presentandosi come amico d’infanzia di Philip, l’unico figlio che non è ancora arrivato nella maestosa dimora sull’isola. Le due sorelle Julie e Vanessa sono immediatamente attratte da lui, seguite a ruota dalla madre (e dal padre). Il solo che nutre sospetti è il marito di Vanessa, il patetico André-Pierre…

RECENSIONI

Niente di nuovo sotto il sole, o meglio niente di completamente inedito: il terzo film di Gilles Paquet-Brenner, adattamento dell’omonimo romanzo di Serge Joncour, combina infatti un impianto spaziale creato a immagine e somiglianza de La piscina (1968, Jacques Deray) a dinamiche psicologiche prelevate da Delitto in pieno sole (1963, René Clément), il tutto condito con aromi politici direttamente provenienti da Teorema (1968, Pier Paolo Pasolini). La figura dello sconosciuto che irrompe nel microcosmo familiare fungendo da dispositivo rivelatore delle tendenze nascoste è meccanismo narrativo collaudato e a forte rischio usura (come del resto il topos della residenza estiva e del gioco al massacro a pelo d’acqua). Eppure Paquet-Brenner, introducendo un personaggio da commedia nell’intrigo (il ridicolo André-Pierre, interpretato con crescente persuasività da Pascal Elbe) e giocando su reticenze ed ellissi, si smarca sufficientemente bene dai modelli e riesce a imprimere un leggero tocco di originalità al dettato narrativo. Ovviamente tutte le donne di casa, madre compresa (Marthe Keller), si prendono una sbandata per il misterioso Boris e il padre di famiglia (il vampiresco Jacques Dutronc) osserva marpione dall’alto, dosando con cura i suoi approcci al giovane. Ma il vero perno su cui ruota l’intero ingranaggio è l’assenza di Philip (Alexis Loret), comunque ben tollerata dai familiari avvezzi alle sue improvvisate: il suo ritardo lascia il campo libero a Boris, dandogli la possibilità di mettere fuori gioco l’imbelle André-Pierre e sedurre a turno le due sorelle (Laura Smet e Anne Caillon). È in questa “vacanza di potere” che si manifesta le componente erotico-politica della pellicola: individuo socialmente inclassificabile (il suo aspetto e i suoi modi sono un misto di disinvoltura anarchica e popolare impetuosità), Boris scompagina l’ordine borghese, sprigionando i desideri segreti dei vari familiari (per Julie è puro oggetto sessuale, per Vanessa il rimpianto dell’adolescenza dissoluta, per la madre un salto all’indietro di venti anni). L’entrata in scena dell’ombroso Philip coincide con un’ulteriore ellissi (che verrà colmata poco dopo) e con l’apparente ristabilimento dell’ordine, fino a un epilogo di sorprendente, calibrata ferocia. Al di là dell’andamento misuratamente ellittico della narrazione e della non fallimentare caratterizzazione dei personaggi, i punti di forza del film risiedono nell’impianto visivo deciso da Paquet-Brenner in comune accordo con il direttore della fotografia Diego Martínez Vignatti (Japón, Batalla en el cielo) e nella regia pastorizzata: la luce abbagliante, il cinemascope levigatissimo e gli ariosi movimenti di macchina (controbilanciati dalla misura strettissima dei piani ravvicinati) creano un’atmosfera sospesa e rarefatta che garantisce il minimo sindacale di ambiguità anche quando la progressione drammatica si fa un po’ più lasca (soprattutto nella parte centrale). Schiocco di tensione dall’arrivo di Philip al secco finale.