Drammatico, Sala

URLO

Titolo OriginaleHowl
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2010
Genere
  • 67339
Durata88'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

San Francisco 1957, il poema di Allen Ginsberg Urlo viene messo sotto processo. Il film racconta questo momento decisivo della controcultura attraverso tre livelli: gli eventi della tumultuosa vita del giovane Ginsberg alla ricerca della sua identità poetica, la reazione della società (il processo per oscenità) e una intepretazione animata del poema.

RECENSIONI


La coppia Epstein-Freidman aveva un solo precedente distributivo italiano, Lo schermo velato, documentario sulle modalità di rappresentazione di personaggi omosessuali nel cinema statunitense. Howl si muove ancora sul sentiero documentaristico poiché si fonda su dichiarazioni rilasciate da Allen Ginsberg all'epoca del processo al suo poema Urlo e sugli atti del medesimo processo (al quale il poeta non partecipò:  l'imputato era Lawrence Ferlinghetti, in qualità di editore del libro). La coppia di registi mette puntigliosamente in scena brani di intervista e stralci delle udienze del processo facendone note a margine dell'esposizione del poema che viene tradotto in immagini animate.
Per quanto nel dibattimento si affermi che la poesia non può essere tradotta in prosa, si può sostenere che, al contrario, il film operi proprio un tentativo del genere, presentando da una parte la recitazione del testo (si alternano il cartone animato a un reading di Ginsberg) e dall'altra parafrasando, attraverso le dichiarazioni del poeta e i passaggi processuali che risultano utili allo scopo, i punti più ermetici del componimento.


Urlo, punto di riferimento centrale della cultura beatnik (Ho visto le migliori menti della mia generazione...[1]), puzzle magnificamente esuberante che mischiava esperienze personali, invettive contro il Moloch U.S.A., visioni lisergiche, sesso liberatorio (... who let themselves be fucked in the ass by saintly motorcyclists, and screamed with joy...  fu il verso che fece scoppiare il caso) e che si chiudeva con la ripetizione mantrica della parola holy, assestò un discreto sganassone alla società benpensante dell'epoca che reagì col tentativo di censura e, quindi, con la definitiva consacrazione del suo autore, fino a quel momento misconosciuto.
Howl, nonostante la varietà di registri e livelli, la pastosa fotografia di Ed Lachman, la corretta ricostruzione degli ambienti, risulta in definitiva una fredda docufiction che, in bilico tra didascalica  informazione e libera interpretazione visiva della vis poetica del testo, si pone come una glaciale istantanea di un momento storico, priva di qualsiasi drammaticità, persa nel fatuo estetismo di un'animazione (realizzata in Thailandia da staff thailandese) ben fatta, ma stanca e ripetitiva, celebrativa senza spessore.
Qualche attore riconoscibile  fa da satellite al centrale James Franco con evidente barba finta.
Doppiaggio inopportuno fino al masochismo.