TRAMA
Quattro amici vanno a Las Vegas per festeggiare l’addio al celibato di uno di loro. Risvegliatisi in un tremendo post-sbronza ,non si ricordano niente della nottata trascorsa. Unica certezza? Il futuro sposo è sparito, la suite è distrutta, un neonato ha perso la mamma e una tigre il suo padrone.
RECENSIONI
Mi ricorda il college
Dopo l'inno alla gioventù (americana) che era Road Trip, i personaggi di Todd Phillips sono dei nostalgici, generalmente repressi in una vita da adulto che sogna, ancora, qualche scorrettezza da college. Già nel dimenticabile Old school questa voglia era stata soddisfatta grazie all'istituzione di una particolare fratellanza (egalitaria e non selettiva), in cui ciò che è illecito ne diventava la regola fondante. Il tempo però passa e in Una notte da leoni la sindrome di Peter Pan entra in blackout. Vuoto assoluto, rimangono solo le tracce di un baldanzoso addio al celibato: la scomparsa del futuro sposo e un terribile hangover da smaltire.
La ricerca di Doug è il cardine dell'intero film. Se da una parte, grazie all'azzeccata scelta drammaturgica di negare allo spettatore la notte di eccessi, mette in moto una roboante sequenza di postumi e, di conseguenza, rinforza il desiderio di evasione (dalla routine lavorativa e sentimentale), da un'altra tenta di ristabilire lo status quo. Differentemente dal passato, dove i rapporti duraturi potevano diventare le vittime principali della libertà personale, il matrimonio è da farsi. Un'ultima ruota del carro forse (lo conferma la totale assenza del diretto interessato), in cui il valore universale si salva apparentemente [1] grazie alla messa a fuoco del suo opposto, ma pur sempre il necessario punto di arrivo, il sigillo definitivo di un bizzarro processo di formazione.
La sfiga dello sposo? Ci pensa l'obbiettività di una macchina fotografica.
Messo da parte Doug, prototipo del ragazzo perbene,The hangover segue le pericolanti peripezie del tipico trio di loser: Stu, uomo in carriera con qualche strascico di nerditudine, ha una moglie arpia finto-bigotta, alla quale nasconde la meta del viaggio (Las Vegas diventa un agriturismo); Phil, ex playboy, sposato, insegnante, si atteggia da faro pragmatico del gruppo, ma, a conti fatti, evidenzia più di un limite; Alan, fratello della futura sposa, nasconde dietro comportamenti svitati e virtuosi nonsenses il guizzo del genio. Una combriccola di outsiders che trova, nel rimettersi in carreggiata dopo la notte di eccessi, uno o più stimoli per realizzare la propria natura e riscattarsi dallo stereotipo di una maschera, secondo il più coerente disegno del genere.
A tutti tocca crescere, persino a loro.
[1] Il susseguirsi degli eventi dimostrerà come la pista intrapresa non porti al ritrovamento di Doug, ribaltando così i rapporti tra l'ordine (matrimonio) e il disordine (gli eccessi di Las Vegas): il primo rimane da sempre separato dal secondo.
Meritato successo per questa commedia dall’idea vincente: l’hangover del titolo originale, il dopo-sbornia più allucinante possibile, infatti, è quello in cui non si ha memoria di ciò che si è fatto, mentre tutti gli indizi indicano che è successo qualcosa di molto grave. La bravura di Todd Phillips (abituato a “viaggi folli” fra amici: Road Trip) è stata quella di aver messo in piedi, praticamente, un giallo con rebus appassionante dove, infine, tutti i pezzi del puzzle trovano il loro posto (tranne uno: la gallina, di cui non si spiega la provenienza). Plauso anche agli sceneggiatori che, dopo la buona premessa, non si adagiano su di essa, non si affidano alle sole gag scatologiche di moda a Hollywood e inventano di continuo situazioni assurde, in un crescendo irresistibile. Le direttrici alla John Landis non sono originali, fra Fandango e (soprattutto) Cose Molto Cattive; ogni trovata in sé s’è probabilmente già vista (Zach Galifianakis, ad esempio, cita Rain Man ma rifà pari pari il John Belushi di Animal House), ma l’insieme è esplosivo. Dulcis in fundo, arrivano le fotostatiche folli e oltraggiose nei titoli di coda, che testimoniano direttamente la notte da leoni. Fra attori non tutti all’altezza dei simpatici personaggi, si distingue Ken Jeong, protagonista di uno strepitoso kung fu con bastone da passeggio, tutto nudo e appena uscito dal bagagliaio dell’automobile.