TRAMA
Louisana: Blanche Dubois, dopo la morte del marito, è diventa un’alcolizzata e ha perso il posto da insegnante. È ospite a casa della sorella, il cui marito è rozzo e violento.
RECENSIONI
Pellicola e testo teatrale leggendari: il film rivelò al mondo la bravura di Marlon Brando, la pièce teatrale rese una celebrità, nel 1947, il suo autore Tennessee Williams. Regista di entrambe le versioni, Eliza Kazan che, proprio nel 1947, co-allestì il famigerato Actor’s Studio. Mentre un’ossigenata Vivien Leigh, interprete della versione londinese diretta da Laurence Olivier, prende il posto di Jessica Tandy per esigenze di produzione (‘celebrità’) vincendo l’Oscar, protagonista di entrambe le versioni è un formidabile Brando (scelto espressamente dal drammaturgo, in quanto “Capace di evidenziare la brutalità e la durezza della gioventù”), che dona chiaroscuri e pietà al personaggio di Stanley Kowalski, impone un nuovo tipo di recitazione in seguito imitatissimo (fatto anche di borbottii) e, con jeans e maglietta sudata attillata (alla Ossessione di Visconti), diventa un’icona (sessuale) indelebile nella cultura di massa e sdogana un protagonista tormentato e non più rassicurante. Il dramma di Williams, anche sceneggiatore, è la sua poetica all’ennesima potenza: tragica, turgida, scandalosa (tanto che la censura si abbatté inesorabile su brani di film per 4’ totali, recuperati in DVD solo nel 1993). Kazan lo traspone al cinema con minime varianti rispetto alla versione teatrale (pur fondamentali: scompare l’omosessualità del marito di Blanche e compare una sorta di lieto fine con Blanche redenta), chiudendo i personaggi negli spazi chiusi dei teatri di posa, sfruttando però i movimenti della macchina da presa per “allargare” le quinte delle quattro mura con la splendida fotografia di Harry Stradling.
