Commedia, Drammatico

TOMMASO (2016)

TRAMA

Dopo una lunga relazione, Tommaso riesce a farsi lasciare da Chiara, la sua compagna. Ora ad attenderlo pensa ci sia una sconfinata libertà e innumerevoli avventure. È un attore giovane, bello, gentile e romantico ma oscilla perennemente tra slanci e resistenze e presto si rende conto di essere libero solo di ripetere sempre lo stesso copione: insomma è una “bomba innescata” sulla strada delle donne che incontra. Le sue relazioni finiscono dolorosamente sempre nello stesso modo, tra inconfessabili pensieri e paure paralizzanti. Questa sua coazione a ripetere un giorno finalmente s’interrompe e intorno a sé si genera un vuoto assoluto. Tommaso ora è solo e non ha più scampo: deve affrontare quel momento del suo passato in cui tutto si è fermato.

RECENSIONI

Kim Rossi Stuart cerca di mettere in scena, insieme al co-sceneggiatore Federico Starnone, la crisi del maschio contemporaneo, in conflitto perenne tra anima e carne. Per farlo si mette a nudo, davanti e dietro alla macchina da presa. Il film è una sorta di seguito di Anche libero va bene, prima regia di Rossi Stuart. Tommaso è cresciuto, è un attore con ambizioni autoriali ed è incapace di abbandonare una zavorra emotiva che gli impedisce di rapportarsi agli altri in modo costruttivo. Il film segue le tappe del suo cammino di liberazione attraverso il deragliamento di tre storie d'amore: la ragazza storica da cui si fa lasciare, la nuova con cui si illude di porre basi solide e una terza, completamente diversa da lui, ruspante ed estroversa, che aprirà le prime crepe nella corazza dietro cui si barrica. Prendere coscienza sarà inevitabilmente complicato, per lui e per chi faticosamente prova a stargli accanto. A Kim Rossi Stuart si deve riconoscere il merito di avere scelto un tema quanto mai a rischio banalità, ampiamente dibattuto e con paragoni illustri con cui competere (Fellini in primis), ma a cui evidentemente tiene molto. Il suo entusiasmo è tangibile nell'impegno che mette nell'interpretare il tormentato protagonista; purtroppo, però, dalla sfida ne esce perdente, perché entrare nel suo ombelico non riserva sorprese o illuminazioni, ma un intrattenimento piuttosto modesto.

Anche le riflessioni insite nel percorso psicologico di razionalizzazione delle pulsioni sono sì corrette (alla fine è sempre la famiglia da cui tutto ha origine), ma vengono messe in scena senza trovare il giusto equilibrio tra autoreferenzialità, sincerità ed esigenze narrative. I registri del racconto restano infatti indecisi tra dramma e commedia e si perdono in un ibrido che lascia distanti. Tommaso non riesce quindi a trovare la giusta alchimia con lo spettatore, non gli si crede mai fino in fondo, è troppo bello per comportarsi da nerd, ha troppa poca personalità per emulare Nanni Moretti, è un po’ troppo arrivato per fare lo spilorcio con la madre per qualche centinaio di euro. L’essere un po’ troppo e un po’ troppo poco è il suo maggiore problema, quello che intacca la sua plausibilità, la verità a cui ambisce e che cerca in tutti i modi di trasmettere. Anche gli inserti onirici, tesi alla ricerca del bambino interiore, e le metafore ripetute (il nido di vermi), non hanno molto di perturbante e si limitano a rimarcare le parole. Le innegabili buone intenzioni finiscono così per scontrarsi con una sorta di paura nell’esporsi che si traduce in un osare trattenuto, che più che andare alla radice di un disagio e di un dolore, ci gira intorno.