TRAMA
Mancato campione di golf, Roy “Tin Cup” ha sempre giocato più d’impulso che con il cervello. S’innamora di una psicanalista fidanzata al suo più grande rivale.
RECENSIONI
Vale tutto per il brano finale in cui Tin Cup, agli U.S. Open (colmi di campioni e cronisti veri), rinuncia alla prudenza per avere gloria eterna, facendo trionfare il cuore sul freddo calcolo. Il resto è un’annacquata (più di due ore) e scontata commedia sentimentale fintamente sofisticata, priva d’interpreti brillanti all’altezza e di una sceneggiatura arguta, capace solo d’infarcire il racconto con termini specialistici e banali doppi sensi a sfondo sessuale. Shelton prende troppo sul serio sia il golf, cui fa una bella pubblicità (non è mai casuale la tenzone fra “straccioni” e giocatori snob, quando si vuole compiacere il pubblico in sala), sia questa sciocca love story sciorinata con schermaglie fra i sessi, rivalità virile e spacconate con epica da anime giapponese, indecise fra le lusinghe della matrice buffonesca e il dramma esistenziale. L’esito delle partite, reali o figurate che siano, è annunciato: le vittorie a golf e quelle sul cuore di una donna indecisa fra due amori. La filmografia di Shelton, ex-giocatore di baseball, è colma di film sportivi in cui disserta, attraverso l’attività agonistica, sull’essere umano in genere: nella fattispecie contrappone l’idealismo all’opportunismo, celebrando la guida dei testosteroni, dell’animo, della sana follia. Anche Kevin Costner, novello Gary Cooper (con Shelton già in Bull Durham), torna ciclicamente ad interpretare eroi sul campo, convinto della loro efficace funzione allegorica. Entrambe facevano meglio a rivedersi una pietra miliare come Il Migliore di Barry Levinson, simile nella tematica.