TRAMA
La gioventù atipica di Vittoria, fin da ragazzina unica erede designata al trono d’Inghilterra.
RECENSIONI
Dopo la doppia celebrazione tributata in tempi recenti alla regina Elisabetta, il cinema torna su Vittoria, la cui storia fu certamente meno avventurosa e piena di intrighi, ma più lunga ed importante per il Paese. Se la pellicola più recente su Vittoria d'Inghilterra era La mia regina, con Judy Dench ad impersonare la sovrana già matura e vedova, la più celebre giovane Vittoria sullo schermo risale ad una favoletta anni Cinquanta con Romy Schneider (La giovane regina Vittoria): nessun valore storico e pochissimo interesse. Young Victoria sceglie per una volta come interprete un'inglese - non un'australiana o un'austriaca o una statunitense: ci voleva tanto? -, Emily Blunt, sulle cui spalle poggia un film in costume molto attento alla ricostruzione d'epoca, un film sentimentale e, in terza istanza, una pellicola storica. Dal punto di vista formale la ricostruzione è pregevole (Oscar ai costumi, non a caso), sebbene manchino guizzi di regia per restituire l'atmosfera e lo spirito dei tempi più di quanto non facciano ambienti ed eventi.
La pellicola sembra però indecisa se raccontare soprattutto la storia d'amore tra Vittoria ed Alberto di Sassonia-Coburgo o provare seriamente la strada del film storico, avventurandosi nelle questioni politiche ed umane. Da quel che si vede, gli sceneggiatori tentano una via intermedia. Col filo conduttore - un po' monocorde - dell'insofferenza della protagonista alle pressioni ed al controllo esterno si sfiorano con la maggior sintesi e completezza possibili gli intrighi politici e di palazzo che condussero all'incoronazione ed al matrimonio. Da qui l'insistenza iniziale sulla protagonista costretta a scendere le scale dando sempre la mano ad un'altra persona, metafora che sintetizza efficaciemente la sua situazione e l'insofferenza accumulata negli anni. Regina nel 1837, a diciott'anni, evitando la reggenza di una madre oppressiva e soprattutto del suo avido amministratore, Sir John Conway, Vittoria viene dipinta volitiva ed impaziente di prendere in mano la propria vita. La crisetta derivante dall'eccessiva influenza accordata a Lord Melbourne dopo l'allontanamento della madre non viene però sufficientemente approfondita perché nella seconda parte del film la componente romantica prevale. Il grande amore tra Vittoria ed il secondogenito del Duca Ernesto di Sassonia-Coburgo - più forte dell'opera spoetizzante di chi premeva per queste nozze d'interesse - induce la sovrana a rinunciare ad un pezzo della riconquistata libertà per sposarsi, e la sola minaccia a questo legame è l'attaccamento della donna alla propria totale indipendenza decisionale. Molto meccanicamente, le difficoltà vengono opportunamente risolte dal ferimento di Alberto in seguito ad un attentato alla regina, che finalmente riesce a concedere al consorte il giusto ruolo di mentore. Fedele alla Storia, ad eccezione dell'attentato, durante il quale in realtà Alberto non rimase ferito (ma pare si frappose davvero per salvare Vittoria), il film ha però la colpa di semplificare, di correre troppo leggero e meccanico sugli eventi, individuando semplicisticamente relazioni di causa ed effetto monodimensionali. Manca cioé una mano sicura che dia coerenza e pathos alla narrazione, ma soprattutto direzione, onde evitare l'effetto giustapposizione di eventi fino ad un frettoloso finale.
La Blunt è in una fase delicata: è emergente da un po' troppo tempo perché non sorga il sospetto che non emergerà mai. L'inglese Rupert Friend sembra votato ai ruoli in costume, quelli in cui la protagonista generalmente è la donna: un perfetto principe consorte, dunque.