Amazon Prime, Biografico, Drammatico, Recensione

THE TENDER BAR

Titolo OriginaleThe Tender Bar
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2021
Durata106'
Sceneggiatura
Trattodalle memorie di John Joseph "J.R." Moehringer
Fotografia
Scenografia

TRAMA

1973, Long Island. J.R. vive nella casa del nonno a Manahasset con la madre Dorothy e lo zio Charlie. Senza la figura del padre, lontano ed assente, J.R. deve cercare di cavarsela da solo. Charlie diventerà la figura di riferimento per la sua crescita personale.

RECENSIONI

Si fa presto a sparare su The Tender Bar. Perché è un lavoro fallace, senza apparenti pretese e privo di particolari ambizioni. Un coming-of-age, probabilmente, ma più di ogni altra cosa un'opera morbidamente e placidamente prevedibile, in ogni suo snodo. Resta da capire, però, perché mai questo dovrebbe essere aprioristicamente un problema. Alla base c'è, forse, una certa difficoltà ad inquadrare la carriera da regista di George Clooney, capace di alternare dotti approfondimenti politici (Good Night, and Good Luck., 2005; Le idi di marzo, 2011) a inezie di scarsissima rilevanza (In amore niente regole, 2007). E la questione si complica con le prove di pedissequa adesione al coenismo (Suburbicon, 2017, scritto da Joel ed Ethan) e con gli improvvidi esperimenti fantascientifici (The Midnight Sky, 2020). La presunta mancanza di coerenza urta, e offre ai detrattori la possibilità di riconfermare di volta in volta una certezza divenuta granitica: George Clooney, in qualità di autore, non esiste, e fin dai primi anni 2000 ogni suo slancio artistico non è altro che un grezzo tentativo di affrancarsi dalla figurina del sex symbol coltivata in gioventù. Eppure a noi, che siamo degli inguaribili romantici, il filo rosso che unisce i suoi 8 film da regista sembra evidente: per Clooney, tutto – che si tratti di satira caustica, commedia sentimentale o affresco storico – è attraversato dalla nostalgia, e da un lieve sensazione di rimpianto.

Per questo The Tender Bar – tratto dalle memorie dello scrittore e giornalista premio Pulitzer J.R. Moehringer, un po' approssimativamente tradotto come Il bar delle grandi speranze – non solo non è un lavoro sciatto, ma è il prodotto più personale del Clooney regista, quello che racchiude appieno una poetica, uno stile, nonché una richiesta di fiducia nei confronti del pubblico. È lo stesso “romanzo di formazione” visto più e più volte, un eterno déjà vu i cui personaggi rispondono ad una gamma di stereotipi risaputa e per questo comoda: il padre stronzo e assente (Max Martini), il ragazzino abbandonato a se stesso (prima Daniel Ranieri, poi Tye Sheridan) e bisognoso di una guida, lo zio franco e diretto (Ben Affleck, candidato per il ruolo ai Golden Globe ma lasciato poi fuori dagli Oscar) da cui apprendere tutto il possibile. Se è vero che Affleck 20 anni fa sarebbe stato l'attore perfetto per interpretare il protagonista J.R. nel periodo dei suoi 20/25 anni, è altresì verosimile immaginare Clooney nei panni dello zio Charlie, uomo che ha accettato il suo destino con nobile rassegnazione e il cui vero io viene quotidianamente bagnato (avvelenato?) dalla malinconia. Charlie e il “The Dickens”, il suo locale pieno di libri polverosi e rovinati, diventano un punto di riferimento per un bambino che osserva e prende appunti, mentre cresce in una situazione di difficoltà cullando il sogno di diventare un giorno giornalista.

Una storia ordinaria su una persona ordinaria, in cui l'onestà e la semplicità sono strumenti funzionali all'esistenzialismo ovattato che fa da sfondo alla vita di J.R. Le emozioni sono piccole, gli spazi sono intimi. E ci si sente marginali, ma non per questo insignificanti. Ciò che viene evocata qui è l'idea di appartenere ad un nucleo che può sopravvivere solo nascondendo il trauma sotto il tappeto, occupandosi di piccole banalità. The Tender Bar è un resoconto affettivo tenue e rassicurante, come la tinta pastello in cui è imbevuto; e risulta accogliente e accomodante anche nei suoi momenti più drammatici (la resa dei conti con il padre). La coazione a ripetere e l'assenza di reali contrasti sono rifugi, anzitutto mentali: le memorie non hanno necessariamente bisogno di una forma, perché i ricordi tendono a prosperare sui dettagli. E, ovviamente, a falsificare e addolcire la realtà. Se i personaggi di The Tender Bar hanno tutti l'aspetto di qualcuno che è appena uscito dalle pagine di un vecchio album di foto di famiglia è perché è proprio così che J.R. li ricorda. Anzi, è proprio così che il ragazzo vuole ricordarli. Ed è su questa sottile differenza che George Clooney e lo sceneggiatore William Monahan giocano lo loro partita: sulla sensazione calda e salvifica del ritorno a casa, sulla convenzione come porto sicuro, sulla nostalgia come desiderio a cui a volte è necessario abbandonarsi.