TRAMA
Savant, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belle Reve, viene reclutato dall’agenzia governativa Argus per partecipare, insieme ad altri criminali, a una “missione suicida” sull’isola di Corto Maltese. Dove però non ci sarà una sola Suicide Squad.
RECENSIONI
Suicide Squad segue una parabola strana: all’inizio si fa apprezzare per il suo essere obliquo, sfacciato, intelligente e intenzionalmente divertente ma poi, col passare dei (troppi) minuti, inizia progressivamente a stancare un po’ – fino quasi all’indispettire – per il suo essere obliquo, sfacciato, intelligente e intenzionalmente divertente. Tutto il prologo, fino alla morte di Savant (Michael Rooker), è sostanzialmente perfetto: dal collegamento / distacco ironico col / dal primo (?) Suicide Squad, al dialogo-non-dialogo con l’universo Marvel, all’Anti-Epica sguaiata ma potente, passando per momenti irresistibilmente folli (lo smontaggio di TDK). Poi anche se il mood, e alla fine anche la qualità intrinseca generale (se così si può dire), rimangono quelli, James Gunn sembra innamorarsi troppo della sua idea di film e finisce quasi per dimenticarsi il film.
Se, infatti, questo Suicide Squad sembra la uncensored director’s cut di Guardiani della Galassia, e sulle prime la cosa sembra davvero cool, dopo un po’ ci si rende conto questo affastellarsi di gag, stranezze e scorrettezze sistem(at)iche diventa una specie di sterile esercizio di stile destinato a girare sempre più a vuoto intorno alla sua controllatissima sguaiatezza, esercizio di stile al quale manca quella coerenza e quella coesione che rendono i Guardiani un film piacevole da guardare e non solo un oggetto obliquo del quale compiacersi. Sia chiaro: qua e là si ride di gusto, Gunn ci tiene a (di)mostrarsi bravo anche con la mdp (il movimento di macchina che ribalta la prospettiva, subito in apertura, è una dichiarazione di intenti), ci sono sequenze crudelmente divertenti (Harley Quinn che strangola con le gambe il suo aguzzino) e altre in cui si accarezzano perfino ipotesi di poesia/commozione (legate al personaggio di King Shark) ma, nel complesso, prevale l’impressione di trovarsi di fronte a un prodotto, al contempo, troppo cerebrale e troppo narcisistico per risultare vero.