TRAMA
In seguito alla combinazione dei DNA di specie diverse, i cacciatori più crudeli dell’universo sono ancora più forti e pericolosi. Un ragazzino provoca involontariamente il loro ritorno sulla Terra. Spetterà a un gruppo di ex soldati, a cui si unisce una insegnante di scienze, il salvataggio della razza umana.
RECENSIONI
Dalle atmosfere cupe dell’ineguagliabile capostipite del 1987 di John McTiernan alla semi parodia del 2018. Nei trent’anni che separano i due estremi, un sequel che nessuno ricorda nel 1990 e un reboot che tutti vorrebbero dimenticare nel 2010; il pacchetto comprende anche due crossover (nel 2004 e nel 2007) che hanno provato a ravvivare il mito contaminandolo con Alien. La nuova tappa si colloca temporalmente tra il secondo e il terzo film, ma l’informazione è ininfluente ai fini della comprensione. Shane Black, attore nel primo Predator e qui in veste di co-sceneggiatore e regista, si conferma più a suo agio con la commedia che con l’horror (l’ultima è il trascurabile The Nice Guys) e il suo obiettivo pare unicamente quello di affiancare gag ridanciane e truculente senza preoccuparsi troppo di coerenza, tensione e plausibilità. Una progressione narrativa esiste e pur non brillando per originalità potrebbe funzionare (il salvataggio dell’umanità affidato ai soliti loser, il solito bambino quasi autistico in realtà genio, i soliti miscugli di DNA per rendere gli alieni ancora più temibili), ma la sceneggiatura punta sull’accumulo e la regia cerca l’effetto. Peccato non si trovi mai il giusto equilibrio tra generi diversi, ammiccamenti cinefili, pregresso e azzeramento dello stesso, esigenze dei personaggi e, soprattutto, pazienza dello spettatore. Tutto scorre frenetico e roboante, ogni personaggio con la sua freddura pronta da servire, ma non basta provare a fare ridere per riuscirci davvero (battuta su Whoopi Goldberg a parte) o buttare lì due budella e una testa staccata per fare paura.
Tra l’altro sprecando nel vuoto buoni spunti, anche in questo caso non originali (la festa di Halloween in cui mostro vero e mostri finti potrebbero confondersi) ma in grado di creare premesse, almeno sulla carta, brillanti. Poco efficace anche aggiungere elementi che poi non si sanno sviluppare (quei cagnoni alieni) o che spiegano inutilmente troppo (il tentativo di trovare motivazione nell’agire dei mostri, quando gran parte del loro fascino è sempre stato proprio nella loro indecifrabilità). Non aiutano il cast male assortito, personaggi al grado zero dell’approfondimento (quella madre che se ne sta in cucina ad aspettare mentre il figlioletto è in giro da solo ed è l’obiettivo di un alieno sanguinario, tanto per dirne una) ed effetti digitali modesti perché il più delle volte riconoscibili; per tacere del più che mai assurdo comportamento dei predatori alieni, spietati e letali con comparse e personaggi secondari ma temporeggianti con i protagonisti. Se si inizia scricchiolando, tutta la sarabanda finale è totalmente da dimenticare. Non a caso i primi deludenti test screening hanno reso necessario rigirare quasi interamente la terza parte; il risultato inevitabilmente ne risente perché manca di compattezza, in più occasioni di senso, e finisce più che altro per stordire. Nella sua totale sconclusionatezza il film dimostra anche la deriva dell’action contemporaneo americano, in cui la strizzatina d’occhio ha sostituito qualsiasi problematicità dei personaggi. Del resto Shane Black tale approccio ha contribuito a crearlo dirigendo Iron man 3, uno dei maggiori successi a tutt’oggi dell’universo cinematico Marvel, quindi è anche logico che perseveri sulla stessa strada nonostante il contesto completamente differente. Saranno i numeri a decidere la direzione da prendere. Per ora gli incassi di The Predator non stanno brillando, ma è ancora presto per capire se si tratterà o meno del primo episodio di una nuova trilogia, come nelle dichiarate intenzioni.