Drammatico, Recensione

THE DRESSMAKER

Titolo OriginaleThe Dressmaker
NazioneAustralia
Anno Produzione2015
Durata118'
Sceneggiatura
Tratto daThe dressmaker di Rosaline Ham
Montaggio

TRAMA

Dopo molti anni Tilly torna dove è nata, in un paesino australiano in cui tutti le portano rancore per una lontana disgrazia di cui la ritengono responsabile. E’ l’ora della resa dei conti.

RECENSIONI

I peccati di Dungatar

Strano film questo sull'oscura Dungatar, città bigotta dove quasi tutti hanno segreti da nascondere e bizzarrie da vendere. Una pellicola che nel raccontare una comunità estremamente chiusa si configura come una insolita commistione di generi: western (di cui possiede la colonna sonora), commedia, dramma, sentimentale. La curiosità nasce soprattutto da questo suo essere ibrido e fuori dal comune, più che dai misteri in sospeso ed i segreti che ricattano i vari personaggi. E' un contesto inusuale anche per Kate Winslet, icona quasi sempre in costume, inaspettatamente a suo agio tra dune di sabbia australiane e vendette nei primi anni Cinquanta. La Winslet è una sarta che fa apparire le persone meno come sono e più come vorrebbero essere. Un'artista che intende il vestito come un'opera d'arte creata solo per chi lo indossa. Emancipata dalle sue origini, sbocciata nei migliori atelier francesi, la protagonista ha però dei conti in sospeso nel paese che l'ha cacciata: una madre che sragiona, un trauma rimosso, l'ostilità generale che l'ha costretta a fuggire. E' una donna che si crede maledetta, che quasi tutti odiano, ma che ha dalla sua un unico grande potere, in grado di far leva sulla vanità a cui nessuno è immune. "Trasformi le persone. Usalo contro di loro", suggerisce sua madre. La parte migliore del film mostra proprio questo ed ha il suo culmine nella brillante scena dell'abito da sposa. Quando i toni restano grotteschi e sferzanti tutto sembra funzionare - la perfida provocazione che distrae gli atleti, il poliziotto che ama travestirsi, la surreale posa da dive delle donne del paese.

La parte drammatica e quella sentimentale, invece, zoppicano subito.
La morte del ragazzo, dramma iniziale e causa di tutto, svela la propria verità in modo abbastanza discutibile, il corteggiamento del campione locale annoia, ma tutto si fa insostenibile con l'assurda tragedia a sorpresa ed il funereo prefinale. C'è poi poca coerenza narrativa nella gestione del personaggio di Gertrude, che assurge al tempo stesso a simbolo del riscatto della protagonista, prova vivente del suo talento, ed a nemica meschina (nonostante il dono della stilista) infine sconfitta. La stessa iincoerenza con cui la madre è ora prossima alla demenza e smemorata, dopo, all'occorrenza, inaspettatamente lucida, persino saggia. Tutte incertezze e scivoloni che si pagano e conducono ormai disinteressati ai fuochi conclusivi. Chi non stanca è invece è Kate Winslet, con la sigaretta eternamente in bocca, donna di altri tempi che rievoca il cinema di quegli anni libero di far fumare i suoi personaggi. Bellissima, elegante e sensuale, così espressiva ed intonata che può permettersi di interpretare quello che vuole uscendone comunque vincente, almeno lei.