TRAMA
Moondog non pubblica più poesie e, a Key West, vive grazie ai soldi della moglie, amato da tutti, dedito a birra, droga e puttane. La moglie muore in un incidente e, nel testamento, all’erede impone che torni a scrivere.
RECENSIONI
Harmony Korine e la Florida dove ha traslocato il suo sguardo antropologico: dopo il lato deviante di Spring Breakers, figlio delle illusorie promesse dei media rivolte ai giovani, compone il manifesto felice del ’fattone’, costringendo Matthew McConaughey in un ruolo, più verosimile e meno sognato, da Jeff Bridges in Il Grande Lebowski, guru/drugo anticonvenzionale endemicamente appagato. Narrazione liquida che segue flussi, associazioni e soggettive drogate, situazioni e frammenti con i colori vernice di John Waters (Benoît Debie coglie le vibrazioni assolate), atti demenziali vari (i pescecani di Martin Lawrence), canzoni (deliziosi Isla Fisher e McConaughey che danzano con “Is that all there is?” di Peggy Lee), sballo, alcol, risate, fughe, sesso. Moondog è adorato dalla compagna ideale stile Ann-Margret di Isla Fisher, milionaria e pazzerella in lingerie perenne (uno spasso il cunnilingio pubblico con pedicure); Snoop Dogg e Jimmy Buffett compongono in diretta un’ode in suo nome e l’ennesimo derelitto koriniano, per una volta, esce vittorioso in forza di un modus vivendi dedito al piacere, che è nettare e motore per stare in sella in rodeo. Nulla va preso sul serio, tantomeno le regole, e i soldi non contano (la villa con piscina distrutta dai barboni al ralenti; il finale favolistico, dopo una progressiva trasformazione in cartoon): un film evanescente, stoner, abbronzato e con gli occhiali da sole come Moondog, magari con le stesse poesie sconce che, entrando in connessione con il tutto, partoriscono gemme (“Gotta go low to get high”).