- 67301
TRAMA
Tre episodi dedicati a figure di immigrati sullo sfondo delle strade romane. SILHOUETTE: il lavoro di alcune prostitute nigeriane alle prese con una clientela eterogenea. EUGLEN & GERTIAN: il reclutamento alla giornata di giovani manovali albanesi senza permesso di soggiorno. SELF SERVICE: una nottata in compagnia dell’egiziano Ahmed, benzinaio abusivo da anni residente in Italia.
RECENSIONI
Nel 1996 Matteo Garrone vince il premio Sacher dOro col cortometraggio in 16mm Silhouette. Lanno successivo, grazie al riconoscimento ottenuto, concepisce Terra di mezzo aggiungendo al fortunato corto altri due segmenti di analoga durata (20 circa) e realizzando così il suo primo lungometraggio autoprodotto (nasce per questo film la casa di produzione Archimede, che terrà a battesimo anche i successivi Ospiti ed Estate romana). Non ingannino lapproccio semidocumentaristico e la tematica sociale: Terra di mezzo schiva agilmente le formule del cinéma-vérité e del film di denuncia per assegnare la priorità della rappresentazione allo sguardo e al territorio esplorato. Manovrata da Andrea Busiri Vici, la cinepresa coglie sì frammenti di realtà quotidiana ma subordinandola a una rielaborazione visiva e ambientale totalmente svincolata dalle convenzioni del verismo enfatico o del realismo accusatorio.
Spalleggiato dalla fotografia di Marco Onorato e dal montaggio di Marco Spoletini (collaboratori pressoché inamovibili di Garrone), il ventinovenne regista e sceneggiatore romano mostra da subito una sensibilità fuori dal comune nel creare suggestioni spaziali e nel tratteggiare situazioni aliene a ogni moralismo declamatorio: lo squallore del contesto è riscattato da angolazioni sorprendenti e da derive ironiche che allontanano la messa in scena dal bozzettismo cencioso e dal registro del grottesco. Cè spazio per il sorriso e per la compassione, ma senza scadimenti nel cinismo o nel pietismo daccatto. I personaggi che popolano i vari episodi, talvolta transitando dalluno allaltro, non vengono giudicati aprioristicamente, ma alternano momenti di durezza e fragilità, scontrosità e socievolezza, dando vita a ritratti di pungente credibilità.
Rischiarato da un cristallino suono in presa diretta, Terra di mezzo è incorniciato dalle suggestive melodie di Silvana Licursi e introdotto da titoli di testa che scorrono sull’inquadratura fissa di un mercato frequentato da una clientela multietnica. Complessivamente i tre segmenti disegnano un percorso di avvicinamento ai personaggi: se SILHOUETTE prende spunto dall’omonima marca di profilattici per seguire liberamente le dinamiche d’interazione tra un gruppo di prostitute nigeriane e una clientela alquanto eclettica, EUGLEN & GERTIAN si concentra maggiormente su due giovani albanesi che sbarcano il lunario offrendosi come manovali alla giornata e SELF SERVICE (girato in 35mm grazie al premio del Sacher Festival) focalizza l’attenzione sul benzinaio abusivo Ahmed, egiziano di mezza età che lavora di notte dovendosela vedere con individui di ogni tipo.
A sbalordire è soprattutto la capacità di articolare una visione personale di estrema scioltezza: mai appiattito su logori moduli neorealistici o sciatti protocolli televisivi, lo sguardo di Garrone sciorina prospettive inusitate, coglie dettagli insolenti, si abbandona a derive nel paesaggio di cocente malinconia. Una scrittura filmica totalmente priva di retorica e perfettamente in grado di snidare particolari di dolente umanità nel degrado appariscente così come di soffermarsi su scatti di prepotenza in situazioni apparentemente innocue. Lungi dall’assecondare tracciati narrativi prestabiliti o dal chiudersi nelle imprigionanti forme del documentario, Terra di mezzo aderisce alle situazioni filmate con prensile flessibilità, immergendosi orizzontalmente nella materia rappresentata non facendosene sommergere. Cinema senza se e senza ma.
