Drammatico, Recensione

TÁR

TRAMA

Lydia Tár, acclamata direttrice d’orchestra della Berlin Philharmonic, convive con la prima violinista Sharon ed ha una figlia. Anticonformista e autoritaria, quando scopre che una sua protégé s’è suicidata, cancella le e-mail in cui la denigrava.

RECENSIONI

Todd Field consegna un oggetto anomalo, sperimentale e mutaforma che ha senz’altro beneficiato della presenza ‘a garanzia’ di Cate Blanchett (per cui ha scritto appositamente il ruolo). La parte iniziale, capolavoro di anticonformismo cinematografico e scrittura, lascia basiti: sciorina interviste e tecnicismi di settore per un’immersione totale, anche filosofica, nel lavoro di una direttrice d’orchestra sinfonica dal riconosciuto talento e con chiara visione della propria art-e (Tár in anagramma). Dopo averne dimostrata la supremazia, il film la rende portavoce di un’invettiva contro le ideologie contingenti, quando si scaglia addosso, ad esempio, la cancel culture (lo studente che rifiuta Bach) con frasi come ‘Il narcisismo delle minoranze porta al conformismo’ e ‘Sei un robot, segui i social media’. A seguire, però, l’aura divina dell’artista s’imbratta di giallo (la sua implicazione in un suicidio) e il raccontare sembra rivedere le proprie posizioni, se mai il film avesse voluto essere (anche) una riflessione sulle storture del politically correct. Per quanto con situazione rovesciata (la protagonista donna e lesbica: ma non bisogna fare distinzioni di sesso, come afferma Tár durante un’intervista), parte il j’accuse sull’abuso di potere, con i suoi ricatti sessuali, nel mondo dello spettacolo. La ramanzina iniziale allo studente diventa mezzo dei media per accusarla nel #metoo: l’ambivalenza di questa lettura del gesto sarebbe sintomatica, se mai Field avesse avuto intenzione di riflettere sul senso e la libertà o meno dell’Arte stessa, distinguendo fra mestiere/doti e pulsioni/azioni private, accusando la protagonista mentre ne preserva il talento e la capacità di saper giudicare quello altrui (la giovane musicista russa, lo studente nero). Stupisce, nell’atipicità del tutto, anche la parte finale in cui, a rotta di collo ingiustificata (rispetto al pregresso), viene raffigurato (pure ironicamente e spietatamente) il declino della star nelle Filippine di Apocalypse Now (il concerto ‘Monster Hunter’ per cosplayer).